Quando abbiamo deciso di redigere questo pezzo, dopo gli ultimi aggiornamenti sulla vicenda Stadio, avevamo pensato di titolare il pezzo “The Neverending Story”, un chiaro riferimento alla canzone, e colonna sonora dell’omonimo film, di Limhal nel quale c’è un passaggio conosciuto ai più che recita:
“Reach the stars
Fly a fantasy
Dream a dream
And what you see will be”
Ecco, proprio quel “Dream a dream” è in qualche modo rivolto al tifoso della Roma che, pessimista di natura, ha vissuto questo lungo periodo nell’attesa di quel “Si” definitivo che di lì a poco si sarebbe trasformato nell’inizio dei lavori, pur conscio di vivere in un paese dove la burocrazia divora tempo ed energie fisiche.
Tor di Valle è stato fino a poco fa (… e lo è ancora oggi fino a prova contraria) il luogo del delitto. Senza alcuna alternativa possibile, perché l’Iter era ormai avviato da tempo e, dopo i tanti soldi investiti, le numerose modifiche, le revisioni e chi più ne ha più ne metta, era ormai una sfida giungere a dama.
Al 23 novembre 2020, ad oltre 3.200 giorni di distanza dall’avvio del progetto, ecco spuntare nuovi nomi, nuove destinazioni possibili. Perché non rivalutare Fiumicino? O non pensare all’affascinante ristrutturazione del Flaminio? Ma Tor Vergata non sarebbe perfetta come zona?
Dietro questa infinita storia, al pari del film sopra citato i protagonisti sono i più volte nominati Virginia Raggi, Nicola Zingaretti, Caltagirone, Esterino Montino, Mauro Baldissoni, James Pallotta e chissà quanti faccendieri che si muovono nell’ombra con oggetto di discussione la Roma – Lido, il Ponte dei Congressi, l’unificazione della Via del Mare con la Via Ostiense, le opere di compensazione, lo stadio del primo scudetto della Roma, i terreni di Caltagirone e la vicinanza con l’Aeroporto Leonardo da Vinci.
Tutto che si mescola dietro una storia nella quale quando pensi di essere giunto al lieto fine e sei proto con la migliore bottiglia di spumante in mano, ti ritrovi immediatamente dopo a tornare al via come nel più classico dei giochi da tavolo.
Un aspetto in questo momento va chiarito. L’approccio da investitore puro, tenuto fin dall’inizio dal precedente proprietario della Roma James Pallotta, che da americano dice che se la legge lo permette, lo stadio si fa dove vuole lui, sembra essere ormai totalmente abbandonato.
A conferma l’uscita di Mauro Baldissoni che fino a quel momento aveva portato avanti il progetto ponendosi come punto di riferimento unico per la Roma.
I nuovi arrivati invece, da imprenditori con un metodo di ragionamento diverso, riflettono e stanno cercando di capire i tanti perché che ci sono dietro l’immobilismo di tutti gli enti coinvolti. Da qui un atteggiamento distensivo che li spinge a cercare un definitivo compromesso.
Il problema semmai è capire se si voglia veramente escludere Tor di Valle, pensando in concreto ad una zona diversa. Provando a cancellare il fatto che questo vorrà dire ricominciare tutto da zero, sottovalutando la grande importanza dell’impianto e tutto quello che ne consegue.
Sembra infatti assumere poca importanza il fatto che, con una Roma che non vince da tempo ed un bilancio tutt’altro che roseo, avere un impianto di proprietà vuol dire aiutare la società a crescere e soprattutto a sistemare i conti.
Il tutto mentre la sindaca Raggi annuncia che forse, i tifosi della Roma avranno il loro regalo di Natale, senza però specificare a quale anno si riferisca, magari sperando che un annuncio piazzato qua e là ogni tanto su un tema che coinvolge un numero importante di tifosi le permetta di accaparrarsi qualche voto in più alle prossime elezioni.
E mentre si attende qualche novità ecco che in questi giorni è tornato in voga il Flaminio, che accoglie il favore di tanti tifosi e giornalisti che annoverano motivazioni meravigliose e romantiche.
Perché in fondo si costruirebbe in poco tempo. È lo stadio del nostro primo scudetto. Ricorda la Roma di Gigi Radice, a cui tutti hanno voluto bene. Sarebbe proprio lo stadio che serve a spaventare gli avversari, con gli spalti vicinissimi al campo.
Peccato però che un Business Center ai Parioli non sarebbe così tanto comodo, un aspetto che, nel progetto Stadio, rappresenta la parte più importante. E non lo sappiamo solo noi ma anche a Milano, dove parlano di rientro dell’investimento senza che nessuno dica che sarà lo stadio di Zhang e Gazidis. E siatene certi, lo sanno bene anche gli imprenditori di successo come i Friedkin.
È chiaro che nessuno sa bene cosa stia realmente accadendo. I Friedkin, come detto in precedenza, si stanno guardando attorno per valutare e probabilmente scegliere, a loro avviso, la soluzione migliore. In questa storia, infinita, l’impressione è che il bene supremo della Roma, che sarebbe quello di avere uno Stadio il prima possibile, stia sfuggendo di mente a più di qualcuno, per l’incapacità di comprenderne l’importanza.
Quando poi sono le Big Mondiali a vincere tutti a chiedersi: “Ma come può la Roma imitare quel modello?”.
E la risposta è sempre la stessa. È scritta proprio in questo pezzo.
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