Pomeriggio strano quello del Bentegodi di Verona. Alle 18 si sono affrontate le compagini dei padroni di casa dell’Hellas contro i nostri giallorossi, per la gara valevole per la quarta giornata del girone d’andata. Consci del risultato finale, andiamo all’analisi delle prestazioni e cerchiamo di dare un senso a questa maledetta partita.
Senza l’infortunato Viña e il lungodegente Spinazzola, Mou schiera l’unico terzino abile e arruolabile che gli è rimasto in rosa e, a sorpresa, lascia fuori il faraone e lo sostituisce con l’uzbeko per rimpiazzare l’armeno non in perfette condizioni fisiche. No, non è un corso avanzato di geografia, ma una parte di ciò che è successo ieri.
Rui Patricio a difesa dei pali non sfigura nonostante i tre palloni raccolti in fondo al sacco. La verità è che grazie ad almeno un paio di interventi dal coefficiente di difficoltà elevato, il passivo sarebbe stato di molto più pesante. Sul primo gol salva il tentativo di Mancini di fare autogol, ma è sfortunato nella deviazione e la palla resta nella disponibilità di Barak per l’1a1; incolpevole sul gol di Caprari che pesca il classico jolly della vita e sulla bordata da fuori i Faraoni che sbatte sulla parte bassa della traversa prima di infilarsi alle sue spalle. Tre gol frutto del caso, della malasorte, ma soprattutto della distrazione di altri che lo rendono vittima e non carnefice. Salvo.
Terzino destro Karsdorp, meno locomotiva del solito e più impacciato di quanto me lo ricordassi l’anno scorso. A larghi tratti privo della copertura del compagno di fascia, spesso viene saltato sia dai fraseggi stretti degli uomini di Tudor che negli scontri diretti uno contro uno. Assolutamente in giornata no in fase difensiva, porta a casa l’assist per il gol del vantaggio, ma poi finisce lì. Errori, tanti, e distrazioni, troppe, che inficiano pesantemente sulla sua prestazione e quella di squadra. Non sarà il solo.
Terzino sinistro Calafiori. Nel bellissimo gioco intitolato “Chi vuol essere il terzino della Roma?”, Riccardo risponde presente dopo i forfait di tutti gli aventi ruolo simile. Bloccato, quasi incollato sulla linea dei due centrali difensivi, viene spesso spronato da questi a spingere per dare supporto in avanti, ma lui impavido e testardo non ci pensa nemmeno e resta lì. Novello soldato nipponico a cui non hanno notificato la fine delle ostilità, mi arrivano segnalazioni che sia ancora sulla fascia sinistra a difesa della linea laterale. Non bene, ma nemmeno tanto male.
Coppia fissa il duo Mancini – Ibanez, ormai da considerarsi titolare al posto dell’inglese. Quando si prendono tre gol si cerca sempre un colpevole e spesso si da la colpa ai difensori, ma in questo caso sarebbe più giusto dare un misto di colpe a tre fattori: gli schemi del Verona (i meriti agli avversari vanno sempre riconosciuti, quando ci sono), il mancato filtro del centrocampo e la disattenzione generale della difesa. Non una grande partita per i due, spesso lasciati soli contro 2 o 3 gialloblu, che soffrono l’idea di marcare uno contro uno una squadra che attacca in massa. Imprecisi in impostazione, entrambi, scaraventano palle lunghe a scavalcare il centrocampo come se fosse l’unica cosa da fare, quando invece è quella più sbagliata. Così non va.
Altra zona del campo, altra coppia fissa: Veretout – Cristante. Stesso discorso fatto per la difesa, si applica al centrocampo, con l’aggravante di non averci capito nulla per novanta minuti. La Roma gioca con due linee fisse di difesa e centrocampo, bravo il tecnico degli scaligeri a piazzare i suoi offendenti tra di esse per spezzarle e mandare in tilt il meccanismo tattico difensivo dei nostri. Jordan e Bryan si sono rivelati incapaci di bloccare la trequarti del Verona, lasciando loro sia la superiorità numerica, ma soprattutto tempo e spazio per fare ciò che volevano. Impalpabile il francese, tanto da chiedersi se fosse in campo, leggermente più volenteroso Bryan, ma comunque insufficiente per resa. Se vuoi giocartela nell’uno contro uno, devi essere certo che l’avversario non giochi di squadra o sarai regolarmente saltato.
Trio di trequarti nei piedi di Zaniolo – Pellegrini – Shomurodov. L’uzbeko è la vera sorpresa di giornata, schierato titolare quando tutti si aspettavano il 92, Eldor ci mette tanto a capire cosa fare e come farlo. Troppo. In pratica gira a vuoto per l’ora in cui è in campo, pestandosi i piedi con la prima punta più di una volta e non riuscendo mai a trovare un’intesa decente col terminale offensivo. Conscio che Calafiori dalla linea di difesa non salirà nemmeno sotto minaccia di morte, cerca disperatamente di superare il diretto marcatore per creare superiorità, ma viene raddoppiato sistematicamente risultando nullo e deleterio. Da rivedere più in la, forse.
Zaniolo prosegue la sua battaglia personale contro la paura di farsi male e si vede. Rispetto a prima, cerca molto meno l’affondo personale, è rigido e poco fluido nei movimenti e spaventato quando si tratta di andare a contrasto. Lascia Karsdorp solo per tutta la sua partita e quando tenta di recuperar palloni ci mette solo la presenza, senza affondare il colpo. Giornata storta? Può essere e può capitare, ma è bene non sottovalutare certi campanelli d’allarme e se c’è da lavorare sulla testa del giocatore che lo si faccia al più presto. Il fisico c’è, il problema non sembra quello. Coraggio Nico.
Capitan Pellegrini ormai ha il nome ROMA tatuato sulle spalle per tutte le volte che s’è preso la squadra sulla schiena e ha provato a tirarla avanti. Inizia malino, anche lui schiacciato dall’onda avversaria che si abbatte su tutto il centrocampo, finché non tira fuori dal mazzo l’asso piglia tutto che spariglia l’equilibrio e porta in vantaggio la Roma. Un gesto di pura follia sportiva, che puoi pensare e realizzare solo se hai totale fiducia nei tuoi mezzi e nelle tue capacità. A oggi Lorenzo lo è, carico a pallettoni e sicuro di se, sarà l’ultimo ad arrendersi all’inevitabile sconfitta. Capitano vero.
Chiude l’undici iniziale Abraham col suo bel 9 sulla schiena. Incredibile, ma vero, bullizzato per novanta minuti dalla difesa del Verona, tutta, non riesce a tener una palla, a vincere un contrasto aereo o a prendere un fallo. Quelle poche volte che gli arrivano palle giocabili degne di questo nome, però, disegna interessanti linee per i compagni, come quella che manda Pellegrini al cross che genererà l’autogol del momentaneo 2 a 2. Troppo poco, però, per portare a casa la sufficienza. Il fatto che spesso venga completamente lasciato solo contro tre non lo aiuta a trovare i tempi giusti all’interno della partita. Disinnescato.
Dopo 64 minuti di gioco Mourinho decide che è giunto il tempo di mettere mano ai cambi e fa entrare ben tre giocatori: Carles Perez, El Shaarawy e Mkitharyan per Zaniolo, Shomurodov e Veretout. Buono il loro ingresso, i tre portano un po’ di brio e imprevedibilità all’attacco, ma ormai il risultato è quello e gli opponenti si arroccano in undici dentro l’area facendo talmente tanta densità da risultare impenetrabili. Mossa della disperazione nel finale del tecnico portoghese che toglie entrambi i terzini, erroraccio dato che così verranno meno le sovrapposizioni, per Smalling e Borja Mayoral al minuto 76. Inutile dire com’è andata a finire.
Squadra insufficiente per intensità e disposizione in campo, rinuncia quasi totalmente a giocare in undici e si affida spesso e volentieri alle capacità dei singoli, il Verona non chiede di meglio e sfrutta la sua voglia di rivalsa raddoppiando e triplicando, ove possibile, le marcature. Roma con linee troppo precise dei reparti, saltate facile dagli uomini di Tudor che si piazzano nel mezzo creando caos e confusione che mai verranno arginati. Brutta l’idea di giocarsela coi lanci lunghi rinunciando al gioco e alquanto discutibile quella di rinunciare al gioco sulle fasce per fare massa al centro. Non solo i giocatori ci hanno capito poco, ma anche il tecnico.
La prima sconfitta brucia e fa male, su questo non ci piove e siamo tutti delusi e amareggiati, ma non eravamo l’All Star Team della serie A dopo il Sassuolo, non siamo il dopolavoro ferroviario di paese dopo Verona. Equilibrio, consapevolezza che stiamo ancora all’inizio di un cammino triennale e vicinanza alla squadra con piena fiducia nella proprietà, nello staff, nel tecnico e nei giocatori. Non è successo niente. Forza Roma!
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