Torna la Roma in campo dopo le fatiche del giovedì di Coppa, contro un Torino in lotta per non retrocedere. Basteranno 67 ore di riposo, meno di tre giorni, per recuperare le energie? L’ampio turnover previsto dal mister, darà i risultati sperati? Andiamo a leggere le risposte a queste domande che la partita di ieri ci ha fornito.
Mirante riprende posto a guardia della porta, dando modo a Pau Lopez di rifiatare. L’unico ruolo in cui siamo oggettivamente coperti è quello del portiere e fa bene Fonseca ad alternarli. Prestazione da primo della classe, quella di Antonio, che arriva dove può e forse anche un poco oltre, colpevole sul gol del pareggio, inspiegabilmente lasciato solo sul raddoppio non può oggettivamente nulla sul terzo. Se il buon giorno si vede dal mattino…
Linea a tre dietro con Ibanez, Cristante e Fazio. Ho auspicato l’utilizzo dell’argentino per dare modo a Mancini di rifiatare e a Kumbulla e Smalling di rimettersi in sesto, ma se questo è il livello del “generale” allora sarebbe meglio un primavera: distratto, lento, svogliato e impreciso nei lanci lunghi. A che serve insistere? Se gioca questo Fazio, tanto vale reinserire Juan Jesus nelle rotazioni.
Cristante ci prova ad arginare gli attacchi del toro, ma difetta di esperienza (al suo primo anno, nemmeno completo, da difensore centrale) nella lettura delle palle alte, gli avversari lo capiscono praticamente subito e non fanno altro che crossare al centro mettendolo costantemente in difficoltà. Dai e dai alla fine la tecnica paga e il pareggio arriva proprio da cross. Partita da rivedere in sala video per crescere anche sotto questo aspetto.
Ibanez, unico difendente degno di questo nome, ci prova a tenere in piedi la baracca chiudendo e ripartendo quando può, con gli stessi movimenti offensivi di Mancini dando strappi palla al piede in velocità tagliando il campo verso l’interno. Quando, però, prendi tre gol e giochi in difesa non puoi pensare di tornare a casa con una sufficienza. Affondato con tutta la squadra, perché si vince in undici e si perde in undici.
Sulla mediana girano a vuoto Villar, inguardabile contro i granata, e Veretout, ancora a corto di fiato ma sulla via della completa autonomia. Gonzalo gioca la partita con sufficienza, forse con arroganza, non comprendendo di avere a che fare con degli avversari col sangue agli occhi. Gioca pulito, pure troppo, quando invece del fioretto sarebbe stato il caso di usare la mannaia. Lascia il campo a Pastore e io devo ancora capire che razza di sostituzione sia.
Jordan gioca poco più di un’ora dando copertura sulla fascia sinistra al compagno che gioca fuori ruolo: lo fa talmente bene che il Torino da quella parte non attacca mai preferendo la fascia opposta. Forse il mister, vedendo lo sviluppo della partita, avrebbe fatto meglio a invertirlo con lo spagnolo, ma col senno di poi sono buoni tutti. Al 64′ lascia il posto a Diawara che gioca di fisico e con la tabellina del dieci: al 74′ prende il primo giallo (discutibile) e al 84esimo il secondo che porta al rosso (discutibile pure questo). Matematico.
Fasce affidate a Bruno Peres, fuori ruolo sulla sinistra, e al Big Bad Bryan Reynolds. Se da un lato abbiamo un brasiliano che passa un pomeriggio tutto sommato tranquillo ben coperto da Ibanez, aiutato da Veretout e supportato da Pedro (poi ne parliamo), dall’altra parta abbiamo un americano lasciato in balia degli eventi: abbandonato da Fazio e ignorato da Carles Perez (poi ne parliamo) viene surclassato in ogni giocata da Ansaldi che fa il comodo suo per tutto il tempo in lungo e in largo sulla fascia. Non è tutta colpa sua, ma speriamo almeno abbia fatto esperienza.
Dietro Borja Mayoral i compatrioti Pedro e Perez. Iniziamo subito col dire che in due non ne hanno fatto mezzo: impalpabile Carles e talmente evanescente che il mister si scorda di averlo schierato e si dimentica di toglierlo, lasciandolo inutilmente in campo per novanta minuti più recuperi. Se proprio bisognava mettere Pastore in campo, perché non togliere lui? Oggetto misterioso.
Pedro, ormai, ha completato la sua opera di Ibarbonizzazione e sta mirando a diventare il nuovo Fabio Junior. Con la palla tra i piedi è pericoloso per i compagni e non per gli avversari (chiedere a Mirante), l’ultimo passaggio è un appoggio al portiere granata o un regalo alla difesa e l’unico uomo che riesce a smarcare è se stesso quando tenta un dribbling. Senza Pellegrini, El Shaarawy e Zaniolo siamo costretti a vederlo in campo, ma Pastore da fermo ha dato la sensazione di essere una pista avanti a lui. Chiuso negli spogliatoi, lascia il campo a Mkitharyan che, però, non è in grado di muoversi e sembra l’ombra di stesso risultando invisibile per tutto il tempo. Come si può scegliere tra i due, così?
Mayoral è l’unico che ci prova, al di là del gol, comunque bello, da attaccante vero. Lotta solitario contro il mondo, non vincendo mai, taglia alle spalle della difesa senza mai essere decentemente servito e da l’idea di essere l’unico ad avere energie e voglia in corpo. Assurdo vederlo uscire per Dzeko, che al contrario delle aspettative abbassa la capacità offensiva della squadra, quando sarebbe stato il caso di vederli giocare insieme. Tanto persa per persa, almeno provi qualcosa di nuovo.
Fonseca ammetterà, a fine match, che il pessimo campionato della Roma è anche colpa sua e che la squadra pensa più alla semifinale che al piazzamento in Champions League, matematicamente ancora alla portata ma sostanzialmente irraggiungibile. Ammissione di colpa che suona come un commiato, brutta uscita infelice di un uomo che fino a pochi giorni fa diceva di pensare solo alla Roma. Caro mister: certe cose si dicono alla fine, non quando mancano ancora 8 turni e due partite di coppa.
E noi, ora, cosa dovremmo fare? Mandare tutto in barca sarebbe un errore, abbandonare la squadra un crimine e dare l’ennesima vittoria a chi non aspettava altro che questo sconforto, dopo averlo preparato per mesi meticolosamente, un’ammissione di inferiorità che il tifoso romanista non deve assolutamente permettere: quando si vince si tifa, quando si perde si tifa più forte. Forza Roma!
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