Ogni mattina ci alziamo dal letto e rincorriamo le nostre giornate fatte di scuola, lavoro, impegni, doveri. Ogni sera ci mettiamo nel letto stanchi, con i nostri pensieri e chiudiamo gli occhi prima di cadere nel sonno ed essere trasportati nel mondo dei sogni. Questa sera, i sogni di oltre 64 mila persone presenti allo stadio Olimpico collimano con quelli dei milioni sparsi per il mondo. Questa sera si gioca la semifinale di ritorno di Conference League tra Roma e Leicester City FC e chi vince, andrà in finale: zero calcoli.
Orfano di Mkitharyan, Mourinho non fa calcoli e mette in campo la formazione titolare con Sergio Oliveira che prende il posto dell’armeno; difesa a tre, centrocampo a quattro, Pellegrini e le due punte per cercare di imbrigliare le volpi e portare a casa una vittoria che scriverebbe la storia di questa squadra.
Rui Patricio non farà molto, tolti un paio di tiri facilmente controllabili e disinnescati resta di fatto inoperoso. Più impegnato con la voce a dirigere la difesa, la più grande fonte di fatica saranno le rimesse dal fondo. In una semifinale europea il portiere della squadra di casa è senza voto in pagella.
Forse è merito del triunvirato Mancini – Smalling – Ibanez? Anche, ma non solo. Grande partita di Roger che gioca sempre con il livello massimo di attenzione impostato, pulito e mai falloso, arcigno e asfissiante riesce ad annichilire Lookman nel primo tempo e Iheanacho nella ripresa. Attimi di paura per un indolenzimento muscolare, ma resta in campo e chiude il match lottando fino allo stremo.
Sull’altro lato Gianluca annienta Barnes con una semplicità disarmante, costringendo Rodgers a toglierlo già all’intervallo. Solito cartellino giallo preso per proteste al minuto 40, ma questa rimarrà l’unica nota negativa in una serata all’insegna della perfezione. Al centro, solito pilastro su cui si regge tutto l’impianto difensivo, un Chris mastodontico che detta i tempi, chiude gli spazi, marca a uomo Vardy cancellandolo dal campo per tutti i 90 minuti più recupero.
Che la prestazione della difesa sia stata ottima si è capito, ma vogliamo guardare il centrocampo con Karsdorp – Cristante – Sergio Oliveira – Zalewski? Iniziamo da Rick. Molto propositivo nel primo tempo, sovrappone spesso e spinge la squadra ad appoggiarsi a lui per attirare gli avversari su quella fascia, poi è bravissimo a spostare il pallone al centro per il cambio campo a innescare la vera azione offensiva. Nella ripresa più basso e bloccato, regge l’urto degli avversari senza scomporsi ed esaltandosi nell’uno contro uno.
Bryan è quello che è sembrato leggermente sottotono rispetto agli altri, ma se i compagni portano a casa voti tra il 7 e l’8 e lui chiude con un 6 e mezzo non stiamo parlando di una brutta prestazione. La testa è sempre alta e i lanci a tutto campo sono ormai il marchio di fabbrica e segno distintivo suo. In fase di copertura è francobollato a Maddison e lo ricaccia continuamente indietro nella sua trequarti difensiva allontanandolo costantemente dalla porta di Rui. Leggermente troppo lento e macchinoso in fase di possesso palla, se attaccato perde i tempi e rischia di consegnare agli avversari palloni pericolosi. Bene, ma lo abbiamo visto meglio.
Qualche ora prima della partita, parlando con degli amici, avevo pronosticato Sergio titolare nonostante a livello fisico concedesse più di qualcosa ai dirimpettai inglesi, contavo molto sul fatto che potesse ripetere la prestazione del derby fatta di estrema mobilità, corsa e interdizione: felicissimo di averci azzeccato. Oliveira ripropone la stessa interpretazione della partita offerta contro la Lazio in campionato rompendo molti grugni agli avversari in costruzione e rallentandone molto la manovra offensiva.
Si chiude la fascia mediana incensando la prestazione di Nico ancora una volta. Questo ragazzo ormai viaggia col pilota automatico, correndo a tutta fascia e ricucendo le azioni della Roma dalla difesa fino all’attacco. Sfrontato e sicuro di se quel tanto che basta da non farsi impaurire né dalla serata né dagli avversari che, anzi, vedono in lui il pericolo maggiore. Nella ripresa vale per il numero 59 lo stesso discorso fatto per Karsdorp, uscirà stremato a pochi minuti dal termine. Imprescindibile.
Dietro le punte Capitan Pellegrini. I suoi detrattori, ammesso e non concesso che ne esistano ancora, diranno che ha giocato poco e male e che con o senza di lui questa partita sarebbe finita allo stesso modo. Tralasciando che il gol che decide l’incontro nasce da un suo corner, in realtà Lorenzo è l’idrante che soffoca le fiamme delle ripartenze del Leicester. A uomo su Tielemans, lo disinnesca con facilità e inabilita le prime fasi di gioco degli ospiti. In fase di ripartenza, gioca a fare il Miky pulendo palloni e rilanciando le azioni da difensive a offensive. Sul finale di partita è lui a prendere il posto della seconda punta dimostrando perché Mou ne vorrebbe tre da mettere in campo contemporaneamente.
Coppia d’attacco formata da Zaniolo ed Abraham. Il compito di Nico è quello di prendere palla, farsi attaccare, possibilmente smistare subito la sfera o prendere fallo. Punto, pulito e semplice. Vai in campo e fatti picchiare, gli chiede il mister, ed è quello che fa. Quando la palla viene scaricata su di lui è per cercare di prendere fallo e spezzettare il gioco, oppure di spostare più marcatori possibili sul 22 per poi, col giro palla, far ripartire l’azione sul lato opposto ormai scoperto. Compito eseguito perfettamente, lasciando tutto quello che aveva sul campo fino alla sostituzione cl minuto 78. Abnegazione, umiltà e qualità al servizio della squadra. Questo è lo Zaniolo di cui avevamo bisogno.
Che dire, ormai, su Tammy che non sia stato detto? L’incornata con cui trafigge Schmeichel è l’ennesima perla incastonata sulla corona che sancisce la sua assunzione a re di questa squadra. Lui conclude, lui costruisce, lui fa la boa, lui incita compagni e tifosi, lui incarna lo spirito della curva sud sul campo da gioco dando sempre niente di meno del massimo possibile. Avrebbe dovuto lasciare il campo molto prima del minuto 87, ma non ne aveva voglia ne l’intenzione. Quasi costretto, esce tra gli applausi e l’amore di un popolo che vede in lui un punto di riferimento e un porto sicuro in cui ripararsi quando fuori infuria la tempesta.
Solo tre cambi per il mister che inserisce Veretout per Zaniolo, Viña per Zalewski e Shomurodov per Abraham. Cambi che servono a rinforzare la fase difensiva con giocatori più freschi e che ce l’hanno più nelle corde, rispetto ai compagni richiamati in panchina. Alla fine il risultato è portato a casa, quindi buon lavoro anche il loro.
64 mila cuori, una sola voce, uno stadio che è stato una bolgia infernale per ore, sia prima che durante il match, ma anche dopo. Una città che guarda la luna nel cielo, dietro le nuvole di Roma, e si accorge che questa volta il sogno è la realtà e che non c’è un incubo a risvegliarla. Questa notte il popolo giallorosso sposta la sveglia di altri venti giorni e continua a sognare di giocarsi la finale di Tirana contro l’ex squadra di Karsdorp: il Feyenoord. Alle volte i sogni diventano incubi, alle volte i sogni diventano realtà, ma questa notte la realtà è il più bello dei sogni. Ci vediamo in Finale, romanisti!
Comments are closed.