Domenica di campionato, domenica di lupa contro squali. Per la 35esima di Serie A si scontrano il già retrocesso Crotone contro i padroni di casa della Roma. Partita con pochissime cose da dire, ma che a ben guardare più di qualche sporadico spunto l’ha lasciato. Andiamo subito a vedere la prestazione dei giallorossi.
Fonseca, uomo di parola, schiera ancora Fuzato in porta. Inoperoso per tutto il primo tempo, nella ripresa si esibisce in vari interventi che ne lasciano intravedere il potenziale: al 55esimo su tiro di Simy smanaccia in corner e un minuto dopo in volo d’angelo su una botta da fuori area di Cigarini. Per il resto è più impegnato a rimettere in gioco il pallone che altro. Buone intenzioni.
Linea a quattro con Ibanez – Kumbulla al centro e Reynolds sulla destra con Karsdorp sulla sinistra. Partiamo dai primi, e ultimi, 45 minuti di Roger: se il Crotone non tira mai in porta è soprattutto merito suo, del suo posizionamento e della sua cattiveria agonistica nei contrasti. Esce per affaticamento muscolare all’intervallo lasciando il campo a Juan Jesus. No, non è un errore di battitura, ha giocato realmente Juan Jesus. Volete sapere come ha giocato? No, non volete.
Al fianco del brasiliano 90 e passa minuti per Kumbulla. Attento e concentrato, ha il pregio di non commettere errori evidenti, di farsi trovare pronto quando richiesto e fa ben sperare per il futuro. Deve crescere, così come il compagno odierno, ma l’idea di base è ottima.
Big Bad Bryan gioca terzino destro e offre una buona partita in fase di copertura. Completamente nullo in spinta, il suo ruolo è ricevere palla e passarla indietro. Lo fa spesso e bene. Le poche volte che si avventura in avanti finisce per essere cazziato da tutti i compagni (per un attimo ho temuto che Cristante lo smontasse come un Lego) e quindi ci rinuncia. Dopo un’ora di gioco lascia il terreno a Santon, che riesce a fare meglio di lui in meno tempo. L’americano non è un diamante grezzo, è ancora un pezzo di carbonio e ci vorranno alte temperature ed enormi pressioni per farne qualcosa di buono.
Rick inizia la partita come esterno sinistro e nel primo tempo è più occupato ad abbronzarsi sotto la Tevere che a preoccuparsi degli attacchi degli avversari. Vivacchia tranquillo fino all’ora di gioco, quando viene rimesso al suo posto e lì comincia la sua vera partita. È ovunque, in avanti e indietro, corre per due e non si risparmia fino al novantesimo, fornisce l’assist per Mkitharyan e non pago continua a spingere anche quando i compagni non lo servono. Ma perché non lo servono? Mistero.
Linea mediana composta dal vero e unico Bryan, cioè Cristante, e il giovane Darboe. So che non vedete l’ora di leggere della prestazione dell’ex primavera, ma iniziamo dal suo compagno di reparto. Il numero 4 si accomoda tra le linee dei giocatori avversari impedendo ogni verticalizzazione e sradicando palloni a destra e manca; meno intraprendente del solito, evita con accuratezza i suoi proverbiali lanci e si spinge relativamente poco in proiezione offensiva. In pratica passa la partita a fare da balia a Darboe per metterlo nella condizione mentale migliore possibile e lo fa perfettamente. Grandissima prova di un giocatore di cui non possiamo più fare a meno. Esce a 10 minuti dalla fine per Zalewski che fa in tempo a fare l’assist per il 5 a 0.
E il giovane prospetto? Eccoci arrivati al punto che tutti aspettavano. Inutile dire che la prestazione è stata più che buona, a tratti ottima e molto incoraggiante, ma ciò che non va dimenticato è che questa NON era una partita del massimo campionato italiano, ma più una amichevole giocata sotto ritmo. Gli avversari lo pressano poco e male, anche se lui è bravissimo nello stretto a liberarsi per il passaggio giusto (ottime verticalizzazioni sempre precise sui piedi dei compagni); molto abile nel ritagliarsi lo spazio per farsi trovare libero per lo scarico dai colleghi in difficoltà, finché non lo abbattono i crampi la sua prestazione è sicuramente da incorniciare. Prima di stappare lo spumante, però, aspetterei. Lascia il campo a Bove, altro giocatore di cui sentiremo molto parlare in futuro.
Linea d’attacco con la batteria di trequartisti formata da Mkitharyan – Pellegrini – Pedro dietro l’unica punta Borja Mayoral. Iniziamo dallo spagnolo, che si segnala più per le sue chiusure difensive (nel primo tempo salva praticamente un gol), che per le sortite offensive. Buone le idee, pessimo l’ultimo passaggio, quello più importante. Deve ritrovare lucidità. Esce per far posto a Pastore che altro non fa che aumentare i rimpianti per ciò che questo giocatore potrebbe essere, ma che non sarà mai per via del fisico di cartapesta che si ritrova. In un calcio meno fisico, Pastore avrebbe più palloni d’oro che capelli.
Mkitharyan è il solito folletto, finalmente tornato sui suoi livelli, gioca una bella partita impreziosita da un secondo tempo sontuoso: un gol e due assist in quella che è la sua migliore stagione, forse di tutta la carriera. Peccato, davvero un peccato, averlo perso nel suo momento migliore e in quello più importante di tutta la stagione. Rimpianti che si sommano agli altri.
Chi non ci genera rimpianti, ma spioventi incazzature, è invece capitan Pellegrini. Non ho letto i giornali e non ho idea della sua media-voto e nemmeno mi interessa, ma ciò che ho visto è un calciatore con buone potenzialità che però non esprime mai al 100%. Nel primo tempo ho perso il conto di tutti gli stop e dei passaggi sbagliati che ha inanellato, come delle facili aperture di gioco che inspiegabilmente non ha effettuato. Nella ripresa, però, butta dentro due gol e, approfittando dell’arrendevolezza degli ospiti, qualche buona linea di passaggio. Fumo negli occhi, ma dal capitano della Roma certe prestazioni me le aspetto contro avversari ben più quotati e che prendano sul serio la tenzone. Sennò mi stai dimostrando di essere una buona riserva che può giocare solo contro le neopromosse e le retrocesse per far rifiatare i titolari.
Borja Mayoral fa il suo gioco per tutta la partita e, se nella prima frazione i difensori riescono ad arginarlo, nella ripresa fa ciò che vuole sfruttando il suo modus operandi. Borja è un attaccante che ti prende sulla stanchezza, continuando a scapparti dietro la schiena e a tagliare il campo per costringerti sempre al massimo dell’attenzione, cosa che ti porta inevitabilmente a un calo drastico della prestazione col passare dei minuti. Freddo davanti alla porta, almeno quando parte in posizione regolare, si fa sempre trovare pronto a metterla dentro dai compagni. Finalizzatore più che costruttore di gioco, è l’antitesi di Dzeko. “Gutta cavat lapidem” e Borja cava che è un piacere.
Fonseca, per l’ennesima volta, apparecchia un pranzo di nozze coi fichi secchi e in clima da “liberi tutti” riesce a tenere alta la concentrazione della squadra quel tanto che basta per non sciogliersi come neve al sole. Resta il rammarico di non aver visto cosa avrebbe potuto fare il tecnico con una rosa più ampia e con meno infortunati e sfortuna, ma ormai è tardi e il nostro pensiero è già rivolto alla prossima stagione.
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