Dopo la trasferta olandese, torna il campionato per la Roma di Josè sul difficile campo dell’Udinese. I giallorossi, dopo un giorno extra in tra i tulipani, affrontano i padroni di casa nell’insolito orario delle 18 senza gli squalificati Mkitharyan e Kumbulla e il lungo degente Spinazzola. Solito modulo delle ultime uscite, torna tra i titolari il polacco Zalewski e, nonostante la diffida, sono tra gli undici di partenza anche Pellegrini e Zaniolo.
Se la Roma torna a casa con un punto, invece che zero, oltre che del capitano il merito è soprattutto del migliore in campo: Rui Patricio. Il portiere mette in mostra tutta la sua classe e reattività soprattutto tra l’88esimo e l’89esimo quando è costretto agli straordinari su Pussetto e Samardzic. Non è tutto, già al minuto 54 sulla botta da dentro l’area di Makengo, sfiora la sfera quel tanto che basta per deviarla sulla traversa e poi è fortunato nel rimpallo sul palo prima che Mancini allontani la palla. Responsabilità nulle sul gol di Molina, in quanto coperto dalla massa davanti a lui che lo costringe a partire in ritardo sul classico tiro della domenica. Sicurezza.
Difesa con Mancini – Smalling – Ibanez e la buona notizia è che Gianluca non è stato ammonito. Zero cartellini per lui negli ultimi 180 minuti sono tanta roba, per quanto riguarda la prestazione c’è poco o nulla da dire: i friulani di attaccare dal suo lato non ci pensano nemmeno rendendogli facile i compiti di copertura, praticamente nullo il dialogo col compagno di fascia e lo spirito offensivo che lo bloccano dietro abbassandogli la valutazione finale.
Chris ha il suo bel daffare contro gli attacchi dei padroni di casa ma, se nei contrasti aerei è praticamente invalicabile, è costretto più volte a coprire le falle di una difesa che sulla sinistra si sfilaccia che è un piacere, per gli altri. Partita pulita, senza infamia e senza lode. Chi, invece, soffre il doppio è Roger: già non gli piace essere il “braccetto sinistro” di una difesa a tre, se poi è costretto a rincorrere Deulofeu che scappa nove volte su dieci a Zalewski ecco che va in affanno più del solito. Poi ci mettiamo anche un Molina in stato di grazia e abbiamo un quadro completo del pomeriggio da incubo del brasiliano.
Linea mediana composta da Karsdorp – Cristante – Sergio Oliveira – Zalewski con capitan Pellegrini libero di trovarsi la posizione alle spalle del duo d’attacco. E qui sono dolori: Rick passa la prima frazione di gioco completamente avulso da tutto e i pochi palloni che riesce a toccare tornano sempre indietro alla difesa. Zero compiti di marcatura, perché i bianconeri attaccano dall’altra parte sempre, ma ciò non lo facilita nella costruzione di gioco. I compagni non lo cercano, non lo servono e lui non fa nulla per farsi vedere.
Peggio di lui Sergio Oliveira. Molle, impalpabile, estraniato, lento, prevedibile e indolente, ma anche dei difetti: è sostanzialmente inutile nella manovra giallorossa, nell’interdizione e nella copertura delle linee di passaggio. Quarantacinque minuti da incubo prima di essere sostituito nell’intervallo dal faraone. Prestazione incolore anche per Bryan al suo fianco, anche se leggermente meglio per la sua “fortuna” di trovarsi nel lato del campo in cui gli avversari non passano mai. Ci mette il fisico, Cristante, prova anche a ragionare quando si può, ma spesso predica nel deserto.
Gioie e dolori, più dolori però, sulla fascia sinistra presidiata dal polacco. Messo sotto, bullizzato male dal duo Molina – Deulofeu, non riesce mai a trovare la posizione giusta per contrastarli o il tempo dell’intervento in fase di copertura. Si dirà: è un attaccante prestato alla fascia, è giovane, diamogli tempo. Infatti, è tutto giusto e sono d’accordo. Ma se abbiamo incensato l’abnegazione del ragazzo e gli ottimi risultati raggiunti nelle precedenti uscite, non possiamo e non dobbiamo essere troppo indulgenti ora: ha giocato male. Punto. Senza tirargli croci addosso o bollarlo come “pippa” come al solito. Deve crescere e lo si fa anche affrontando i propri fallimenti. Senza drammi. Coraggio.
Le spalle del capitano sono larghe e forti e i suoi attributi sono cubici e marmorei: andare sul dischetto al minuto 93 per cercare di pareggiare una partita nata male e proseguita peggio non è la cosa più facile né bella del mondo. Il pallone è enorme, gigante e pesantissimo mentre la porta è un pertugio piccolissimo protetta da un colosso coi guanti da portiere. Nonostante tutto, ultimo errore dal dischetto compreso, lui va a prendersi la responsabilità e trasforma il rigore (solare) del pareggio. Nel resto del match cambia ruolo ogni quindici minuti: trequartista, interno di centrocampo, interditore, ala destra, mezza punta, regista…praticamente un tuttocampista. Non tutto gli riesce e non sempre ciò che lo fa viene bene, ma ha il merito di essere l’unico a provarci lo stesso.
Chiudono l’undici Zaniolo e Abraham. Nico gioca una non-partita o forse, un match nel match contro se stesso e lo spauracchio del cartellino giallo che gli farebbe saltare il derby. Più che col freno a mano tirato, gioca con la retro inserita: mai a contrasto, nemmeno per sbaglio, mai alla rincorsa dell’uomo che gli scappa, non affonda e non sfonda mai per paura della sanzione. Ingiudicabile, anche se comprensibile. Male, malissimo Tammy che in 64 minuti toccherà si e no due palloni, di numero. Un po’ perché la squadra non gira, un po’ perché è ben coperto da tre uomini, un po’ perché anche lui è umano e ogni tanto floppa. Tutti vorremmo che non capitasse, ma ci sta, succede.
Già nell’intervallo Mou richiama Sergio per El Shaarawy, cambiando il modulo e trasformandolo in un 3-4-3 puro, così da dare al povero Zalewski una mano nella copertura. Non parte benissimo, ma pian piano cerca di scrollarsi di dosso l’apatia generale della squadra con fiammate improvvise che portano quasi al pareggio. Sufficiente, ma solo perché gli altri sono nettamente peggiori di lui. Si continua col doppio cambio Shomurodov – Felix per Abraham – Zalewski. L’uzbeko ha il “merito” di trovarsi al posto giusto al momento giusto quando un pallone birichino viene tolto dalla sua disponibilità dal pugnetto di Bacao. L’arbitro se ne avvede e concede il rigore.
Volenteroso, anche se sempre un po’ troppo confusionario, il giovane Afena. Ci mette grinta e cattiveria, talmente tanta che dopo 5 minuti prende un giallo e lì si spegne. Finisce nelle sabbie mobili della difesa friulana e sparisce nel traffico delle ventimila punte messe in campo da Mou nel finale.
Ultimi due cambi con Veretout per Karsdorp e Carles Perez per Mancini. Mosse della disperazione che non portano a nulla, anche considerando lo scarsissimo minutaggio a disposizione per i due.
Una Roma brutta, stanca, timida e impaurita impatta male contro un’Udinese volenterosa, tonica e impavida. Regala un tempo agli avversari e si salva nella ripresa grazie alle magie del proprio portiere e alla freddezza del proprio capitano. Un punto immeritato per certi versi, che però sottolinea come questa squadra non molli mai, nonostante tutto. E come loro, anche noi.
Comments are closed.