“Il derby è il derby. Non bisogna mettersi nella posizione di allenatore, di giocatore, ma nella prospettiva degli altri. E gli altri sono le persone più importanti per un club di calcio, che sono i tifosi. In questo senso non posso mai scegliere qual è il derby più emozionante per me. Ora è questo, io gioco per i tifosi della Roma”. (Josè Mourinho)
È il Derby della Capitale, non necessita di presentazioni. Due squadre, due tifoserie, due mondi che collidono in un’unica, splendida, millenaria città si affrontano non solo per i punti in campionato, un posto al sole nelle competizioni internazionali, ma per la supremazia dell’Urbe. Questa è Roma – Lazio, questa è la Partita, questa è la notte in cui i sogni infrangono gli incubi e i cuori di migliaia di persone battono all’unisono per un unico obiettivo: VINCERE.
Mourinho recupera tutti, Pellegrini compreso, e deve rinunciare al solo Spinazzola; conferma la difesa a tre, ma modifica il centrocampo rinunciando a Zaniolo e inserendo il doppio trequartista dietro l’unica punta, in un modulo fluido che spesso sfocia in un 3-4-3 in situazioni d’attacco.
Rui Patricio sempre presente e imprescindibile, se dovesse essere valutato soltanto per gli interventi fatti sarebbe un “senza voto”. Zero interventi degni della sua classe, un solo tiro degno di nota sventato facilmente al 37esimo prima di annullare un colpo di testa di Immobile al minuto 82 generato, però, da una posizione di offside e quindi incalcolabile ai fini statistici. Si prende lo stesso un bel voto in pagella per la sicurezza, la tranquillità e la freddezza con cui comanda la difesa e gestisce il pallone. Glaciale.
Ibanez torna al centro-sinistra relegando Kumbulla in panchina, Smalling sempre presente al centro e Mancini braccetto destro della difesa a tre. Roger gioca col coltello tra i denti e la concentrazione di uno scacchista nella finale mondiale: è sempre diverse mosse avanti agli attaccanti biancocelesti e copre alla perfezione le rarissime sbavature di Zalewski sulla fascia sinistra. Di classe, di testa, di fisico e quando serve con la palla in tribuna è letteralmente insuperabile.
Chris gioca fisso nel cuore della retroguardia annichilendo senza se e senza ma ogni tentativo di Immobile di pungere e fare danni. Imperioso e granitico, non sbaglia mai una chiusura, un anticipo, un movimento preventivo: niente. Gianluca chiude il cerchio giocando una partita identica ai due compagni, meno irruente del solito ma con la stessa costanza prestazionale, prende un giallo per “vendicare” un compagno che aveva appena preso un pestone non ravveduto dall’arbitro: giusto per far presente che chi stuzzica il lupo si becca le zanne.
Centrocampo a quattro con Karsdorp sulla destra, Cristante e Sergio Oliveira al centro e la conferma di Zalewski sulla fascia sinistra. Nicola offre 72 minuti di pura padronanza della fascia, pochissime sbavature all’inizio, ma poi entra a pieno regime e non ce n’è più per nessuno. Contrasta da esperto terzino in copertura vincendo quasi tutti i duelli, copre le linee di passaggio come se vivesse sessanta secondi nel futuro rispetto agli altri, intelligenti e funzionali gli scambi coi compagni in ripartenza e sempre positivo in costruzione di gioco. Senza timori si prende un giallo per un faccia a faccia all’ultimo minuto della sua partita per far capire all’avversario chi è che comanda.
Bryan si erge nella mediana giallorossa e la comanda a suo piacimento con un giro palla pulito ed efficacie. Molto mobile e sempre con la testa alta, smista palloni a destra e sinistra con grande precisione a prescindere dalla distanza che la sfera dovrà percorrere. Muro invalicabile del centrocampo, costringe gli avversari a girare al largo sulle fasce o a lanciare lungo dalla difesa per scavalcarlo. Sulla corsia di destra spadroneggia incontrastato Rick che fa quello che vuole, quando vuole e come lo vuole. Copre e riparte, si propone e serve cioccolatini ai compagni, mette un pallone d’oro per il due a zero su cui c’era scritto solo “spingere”. Un demonio biondo dagli occhi di ghiaccio.
Chi ruba la scena, però, è Sergio Oliveira. Uomo ovunque della Roma, è un motorino instancabile che appare e scompare continuamente dai radar dei suoi marcatori. Non lo prendono mai, non lo vedono mai, è qui e poi è lì in una frazione di secondo. Indovina tutte le scelte sia d’interdizione che di costruzione, ha una calamita negli scarpini con chi aggancia ogni pallone che resta docile tra i suoi piedi e sicuro esegue ogni suo comando. Finirà con i laziali che pur di rabbonirlo cominceranno a usare le maniere fortissime, si prenderà un giallo e uscirà dal campo tra gli applausi del pubblico due minuti dopo. Disarmante la superiorità del portoghese.
Arriviamo così a parlare della prestazione di Mkitharyan e Pellegrini, trequartisti dietro Tammy. Sono sinceramente a corto di parole per descrivere la partita di Lorenzo: perfetta mi sembra riduttivo. Si possono usare banali parole per spiegare il sovrannaturale? Perché non è umano ciò che ha fatto ieri in campo, ma nemmeno alieno: se esiste un entità eterea che tutto può lo abbiamo scoperto ieri vedendolo giocare. E quella punizione sotto all’incrocio per il tre a zero finale…ha riscritto le leggi della fisica e della balistica: qualcuno avverta la NASA.
Se Pellegrini ha riscritto le regole del mondo, l’armeno ha riscritto quelle del tempo. Fuoriclasse assoluto nella partita di ieri, vive costantemente in una dimensione diversa sia rispetto ai compagni che agli avversari. Percepisce lo spazio tempo in modo diverso, più lento e leggibile finendo per governarlo con facilità disarmante. Ciò che per lui sono secondi, per tutti gli altri sono istanti, attimi fugaci: mentre tutti sono ancora fermi a pensare alla giocata, Mkitharyan l’ha già fatta ed è andato via. Dominante essere pentadimensionale.
Chiude gli undici Abraham. Che dire di più? Basta il nome ormai. Cinquantasei secondi per sbloccare la partita, ventuno minuti per raddoppiare il vantaggio, inarrestabile palla al piede, impossibile da smarcare in protezione della sfera, sempre nel posto giusto al momento giusto, mai in difetto o in difficoltà, fa reparto da solo e sigla il suo 23esimo gol stagionale superando gente del calibro di Montella e Batistuta nella classifica dei gol in giallorosso alla prima stagione. Questo ragazzo è in simbiosi totale con la tifoseria, è un’onda anomala di positività che contagia i compagni spingendoli oltre i loro limiti e capacità, è un leader in campo e fuori che ama questa squadra e questa città come tanti di noi. Giusto per meri fini statistici: solo Lewandowski ha segnato più di lui nel 2022 nei cinque maggiori campionati europei. Così, tanto per dire.
Pochi cambi per Mou che tira fuori dal campo gli ammoniti Zalewski e Oliveira per Viña e Veretout, ma siamo già oltre il settantesimo e la loro prova, benché positiva, è praticamente ingiudicabile. Così come quella di Bove che al minuto 86 sostituisce il capitano per l’ovazione di tutto lo stadio.
La Roma vince il derby, annichilendo la Lazio e ricordando a tutto il mondo che l’Urbe era, è e sarà sempre Nostra.
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