Metti una sera d’ottobre carica di ricordi di altri lidi, di altri panorami; una squadra giovane, forse troppo, ma convinta che non conti. Metti degli avversari tosti, ben allenati, che a fare le vittime non ci pensano proprio. Mescola sapientemente con soli due colori, il giallo e il rosso ovviamente, ed ecco che avrai Roma Benevento.
La partita inizia prima ancora che l’arbitro fischi: per la gioia degli astanti gioca Cristante, ma in che ruolo bisogna ancora scoprirlo. Tutti pensano in difesa in compagnia di Ibanez e Mancini, invece si piazza 10m più avanti a fare da raccordo tra una difesa a 2 in fase di possesso palla e un centrocampo a 4, che diventa un più equilibrato 5 – 4 – 1 in fase di non possesso con Spinazzola e Santon che si abbassano affianco dei tre sopra e Pedro e Mkytharian che si allargano ai lati di Pellegrini e Veretout, lasciando Dzeko davanti. Mister Fonseca l’ha impostata così, però poi chiamano “maestro” gli altri.
In porta ennesima conferma per Mirante o, se vogliamo essere cattivi, ennesima bocciatura per Pau Lopez. Il povero spagnolo si guardasse le spalle dal nuovo arrivo Farelli (a proposito: benvenuto!), se accetta un consiglio spassionato. Tornando ad Antonio, finalmente possiamo aggiornare la classifica dei portieri giallorossi in grado di parare un rigore, anche se poi non è servito a nulla perché il pallone Lapadula l’ha messo dentro lo stesso, ma le statistiche sono statistiche e certe cose non le contano. Alleluia.
Mancini offre la solita prestazione fatta di anticipi duri, spallate toste giusto per far capire che da lì non si passa e contrasti puliti quando servono, ma all’occorrenza dannatamente aspri per rispiegare a chi non si arrende che superarlo stasera non è il caso.
Ibanez leggermente distratto, un po’ confuso, spaesato, forse, dal dover contare solo su Gianluca per una sera. Lo Sfigatto che spettarle aleggia sulla teste della Roma stasera ha scelto lui come infausto respingente per il tiro di Caprari che, trasformato così in imparabile palombella, trafigge il povero nostro estremo difendente. Passerà.
Cristante galleggia amabilmente tra la difesa e il centrocampo. Spezza le trame avversarie, si frappone nelle linee di passaggio, interdisce di continuo i portatori di palla. In più in ripartenza costruisce gioco, detta i tempi in uscita, riparte, rilancia, verticalizza, velocizza, rallenta. Se gli davano uno scopettone e uno straccio puliva pure le docce. Serata di grazia in cui gli è riuscito tutto. Merito del nuovo ruolo? Del lavoro a Trigoria? Del mister? Merito suo. Perché ci crede, non si arrende e zitto zitto migliora. Grande Bryan.
Gioie e dolori invece per i centrali Veretout e Pellegrini. Jordan, visto l’appropinquarsi di Halloween, decide di travestirsi da Kolarov dell’anno scorso, sbagliare un stop spalle alla porta e abbattere l’avversario in area regalando un rigore. Scherzetto. Qualche minuto dopo, con la faccia cattiva che farebbe piangere di terrore un leone affamato, sempre di rigore punisce il Benevento e si ripiglia ciò che è nostro. Dolcetto. Ha ragione De Luca: sta festa è una cretinata.
Pellegrini, dal canto suo, s’alza e s’abbassa. Ondeggia ondivago tra la metà campo nostra e le spalle di Dzeko, andandolo ad affiancare nelle fasi di pressing. Ennesima dimostrazione che forse, e dico forse, se cerchiamo un allenatore capace non dovremmo andare più in là dei cancelli del Fulvio Bernardini per trovarlo. Buono, finalmente.
Sono stato smentito da Santon. Ha messo in cascina la terza buona prestazione del mese. Allora rilancio, caro Davide: secondo me più di quattro buone ogni trenta giorni non riesci a farle. Vediamo ora che succede.
Spinazzola sono sicuro sarà negli incubi notturni dei difensori campani. Eccolo che attacca sulla fascia, ora è di nuovo in difesa, se pressato non sbaglia un appoggio, se lasciato libero non li riprendi più, ora sta crossando, ora sta tirando, occhio che sovrappone: fermalo, atterralo, SPARAGLI cavolo! Scoperto il segreto delle pile Duracell: sono riempite di estratto di Leonardo arrapato.
E ora, signore e signori, il trio bellezza: Pedro – Mkhitaryan – Dzeko. Più di 90 anni in tre, ma se novanta è il numero della paura loro stasera sono stati il 95: il numero del terrore per la difesa avversaria. I due trequartisti folleggiavano a destra e a manca, uno di qua uno di la, imprendibili, imprevedibili, ineluttabili. Classe, tecnica, fantasia, estro. Livelli superiori, ammirate gente come si gioca al calcio. Estasianti.
Dzeko, colui che a quanto leggo gioca per farci un favore, lotta e conquista, smista e s’insinua tra le maglie beneventane come uno vapore a erranza di quinta classe. E proprio come uno di quelli cattivi segna. Stasera segna. Non uno, ma due gol. Così, giusto per ingrassare qualche altra statistica, che male non fa.
Finito qui? No, questa volta mi voglio esporre non per uno, ma per due giocatori della rosa: Carles Perez e Gonzalo Villar. Il primo fa un gol che giustifica il gameplay di FIFA, robe così al limite del comprendonio si vedono solo nel gioco sul calcio della EA, non nelle simulazioni o nel calcio reale. Se a Leclerc va data una macchia, a lui vanno dati minuti. Date minuti a Perez. Con la Z, non con la S, non ci confondiamo.
Villar, invece, ha sulla testa un timer e ogni partita che gioca scala minuti. Più il tempo passa, più i minuti scendono e le sue prestazioni salgono. Cosa succederà quando arriverà a zero? Che Gonzalo esploderà in tutta la sua classe, in tutta la sua forza e nella sua intelligenza calcistica superiore. Questo è uno bravo, uno forte. Andatevi a vedere il passaggio a Mkhitaryan prima dell’assist a Dzeko per il secondo gol, minuto 76: progressione, conversione a destra, finta di scarico a dritta e apertura a sinistra con compagno lanciato in campo aperto e tre difensori spediti dalla parte sbagliata. Non è da tutti. Ne sentiremo parlare a lungo. Ci scommetto.
Una buona Roma si prende e si porta a casa i tre punti. C’è la sensazione che se in fiducia questa squadra può inanellare numeri importanti, ma anche che ci sia ancora qualcosa da registrare, da limare, da correggere. Tutto può succedere con questa brigata di giovanotti fatti col pennello, ma in fondo l’imprevedibilità è elemento basico del nostro DNA. Come per le serie in streaming: non vedo l’ora di guardare il prossimo episodio.
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