Da titolare a secondo portiere, poi di nuovo titolare domenica per il forfait di Mirante: per spiegare il percorso di Pau Lopez in giallorosso basterebbe questa parabola. Arrivato nella Roma nella stagione 2019-20 per essere la prima scelta tra i pali, in meno di un anno è retrocesso nelle gerarchie in favore dell’ascesa silenziosa, ma meritata, di Antonio Mirante.
Il motivo non è tecnico, non è tattico, non è disciplinare. Il motivo è un incrocio di questi tre fattori e si può sintetizzare in “carisma“. Da un punto di vista tecnico, infatti, il portiere spagnolo nei primi mesi (ma non solo) ha mostrato buone cose: reattività tra i pali, dinamismo nelle prese, abilità coi piedi. A livello tattico, poi, è stato portato a Roma per la costruzione dal basso e ne è stato spesso un ottimo artefice. Su un piano disciplinare, è sempre stato un professionista esemplare senza polemiche né scalpori.
Il silenzio degli errori
L’egida sotto la quale tutto questo si colloca è il grande punto interrogativo del carisma. Di Pau Lopez una caratteristica che è saltata all’occhio, partita dopo partita, è il silenzio. Lo spagnolo è un portiere che non comunica con la difesa, non chiama la palla nelle uscite, non guida i compagni nelle situazioni spinose. Questo aspetto si è rivelato, gara dopo gara, una goccia che scava la roccia della sicurezza dell’estremo difensore iberico. Non riuscendo a infondere fiducia nei suoi compagni di reparto, non imponendosi come guida in quello che è il suo regno, l’area di rigore, Pau Lopez è divenuto via via meno sicuro perché lo erano i difensori della Roma con lui alle loro spalle.
D’altra parte, nessuno è esente da errori e il portiere spagnolo ha commesso a volte delle leggerezze, sulle quali, però, non è riuscito a passare sopra con tranquillità. Anziché azzerare gli sbagli e ripartire, ciò che è sembrato evidente è che in Pau Lopez le sbavature siano state gocce che hanno via via formato un mare di insicurezza in cui è progressivamente annegato.
26 gennaio 2020
La fotografia più chiara e nitida di questo è il derby di ritorno dello scorso anno. Quella partita è una cesura psicologica enorme nella testa del portiere iberico dalla quale non si riprenderà più. Era il 26 gennaio 2020 e la Roma giocava all’Olimpico Roma-Lazio, partita dominata per quasi tutti i novanta minuti. Terminerà 1-1 con una maldestra uscita di Pau Lopez che, sul finale di primo tempo, costa il pareggio biancoceleste.
Una controversia di quell’occasione è il possibile fallo di Acerbi su Pau, che si è visto sbilanciato in volo. Comunque la si guardi, l’uscita del portiere è stata tutt’altro che decisa e mancava di un elemento fondamentale nelle prese aeree: il ginocchio alto. A differenza dei calciatori di movimento, che saltano bilanciandosi con i gomiti larghi, i portieri si trovano spesso a doversi proteggere nei contrasti aerei sollevando un ginocchio. In quella situazione – e in tante altre – Pau Lopez non ha avuto la sicurezza né l’impostazione di staccare su un piede per proteggersi con l’altro e questo ha consentito ad Acerbi di sbilanciarlo in volo.
Da quella gara il portiere iberico non tornerà più ai buoni livelli precedenti: dopo, il conto segna 15 partite giocate, in cui subisce 25 gol e garantisce solamente 3 clean sheets. A fine stagione calca il campo 42 volte e raccoglie in totale 55 palloni in fondo al sacco, con 9 reti bianche. Quasi la metà dei gol concessi in stagione è successiva al derby.
Mirante
Non sorprende, allora, che quest’anno il titolare sia Mirante. Rispetto allo spagnolo, il portiere campano si nota per una caratteristica evidente e pesante: il carisma, appunto. Nell’era dello stadio silenzioso, la voce di Mirante è un costante accompagnamento per tutti i novanta minuti. Ciò che in Pau Lopez è carente, Mirante ce l’ha: decisione, dialogo, sicurezza, guida. Quando vi sono palle vaganti in area di rigore, la differenza è lampante: con Pau tra i pali, i difensori giallorossi si accalcano attorno alla sfera per spazzarla via; con Mirante, invece, la gestione è più ordinata e la difesa va a protezione della sua uscita.
Le ultime su Pau Lopez
Roma-Cluj
Le ultime due apparizioni di Pau Lopez sono di pochi giorni fa: Roma-Cluj e Genoa-Roma. Nella prima si è reso protagonista di una partita di indubbia affidabilità negli interventi che è stato chiamato a fare, nonostante siano stati pochi. Il portiere è l’uomo solo della squadra, a volte spettatore non pagante della gara. La partita col Cluj è stata una di quelle in cui l’avversario è poco pericoloso e il portiere è chiamato in causa per due o tre volte contate: quelle occasioni, forse, sono le più difficili. Restare reattivi dopo lunghi periodi di immobilismo non è di certo semplice. L’estremo difensore giallorosso è stato lucido, affidabile, sicuro, e gliene va dato merito.
Di contro, però, quella partita è stata un vivido spaccato della fatica di Pau Lopez a entrare nei meccanismi di gioco della squadra. Il primo appoggio al portiere dei difensori è arrivato al minuto 22: per una squadra che imposta dal basso e che si alleggerisce della pressione avversaria facendo passare il giro palla dalla porta, è molto anomalo.
Genoa-Roma
La partita contro il Genoa, invece, è stata una drammatica istantanea del suo smarrimento dei riferimenti tattici, tecnici e di personalità. La sua impostazione del gioco è spessissimo ripartita dal vertice basso di centrocampo che era pressato e che si è ritrovato a gestire molti palloni velenosi con l’uomo addosso. I rinvii sono stati spesso preda dei rossoblù in quanto si rivolgevano a Mkhitaryan e Pedro, svantaggiati nei duelli aerei. Un netto miglioramento in questo è arrivato con l’ingresso di Cristante e l’indicazione, sul finale di partita, di rilanciare su di lui. In occasione del gol annullato a Destro, inoltre, Pau Lopez si è avventurato in un’uscita scoordinata e la palla gli è passata tra le gambe.
Da un punto di vista di personalità, inoltre, si è visto molto poco “dentro la partita”: dopo il 2-1, con il cronometro che si stava avviando alla fine, il comportamento che ci si attende da un portiere è che tenga la palla tra le braccia e faccia salire i compagni prima di rinviare, lasciando scorrere secondi preziosi. Pau Lopez, invece, sembrava quasi in preda a una frenesia di disfarsi del pallone.
Il circolo vizioso
La permanenza di Pau Lopez in giallorosso, insomma, ha conosciuto tempi migliori e il suo empasse psicologico sembra tutt’altro che superato. L’avvicendamento con Mirante, da un lato, sembra provvidenziale e necessario; dall’altra, alimenta un circolo vizioso che difficilmente porterà a recuperare mentalmente il portiere spagnolo. Qualunque siano le intenzioni della dirigenza su di lui, sembra davvero troppo semplicistico pensare a una sua cessione o a un suo reintegro come prima scelta nell’immediato. Le sue spalle danno l’impressione di essere troppo esili per sorreggere le ambizioni di una squadra e di una piazza così esigenti; i suoi guantoni paiono troppo lisi per trattenere la determinazione necessaria ad arrivare in alto. L’unica certezza, per ora, resta Mirante.
Comments are closed.