Per chi, come il sottoscritto si ricorda la Coppa delle Fiere, il Torneo Anglo-Italiano, diverse Coppa Italia, due dei tre scudetti vinti dalla Roma, la maledetta finale di Coppa Campioni e quella di Coppa Uefa, vedere vincere la prima Coppa di Conference League, è stata un emozione che ha ripagato anni di speranze inattese e ha sviluppato ancor di più la convinzione che questa proprietà farà grande, anzi grandissima, la Roma.
Non ho mai visto Mourinho piangere per una vittoria neppure quando ha trionfato con l’Inter del triplete, e questo significa che Roma e i suoi impagabili tifosi, gli sono entrati dentro l’anima.
Una finale meritata e una vittoria guadagnata sul campo contro un indomabile avversario che merita tutto il rispetto possibile.
Inutile parlare di come si è svolto l’incontro che abbiamo visto tutti e che tutti insieme abbiamo penato, gioito e sofferto fino al fischio finale di un arbitro che ha diretto una partita non sostanzialmente cattiva ma molto agonistica.
Il pensiero va ai fortunati che hanno potuto assistere dal vivo a questa finale da molti gufi reputata come la partita della ‘’coppetta’’ probabilmente, anzi sicuramente, per una invidia che è dura a morire nonostante gli 11 anni di B.
Dove mi trovo, il tifo giallorosso è pressochè sconosciuto e, anzi, molti supporter di squadre del nord, si auguravano che vincessero gli olandesi del Feyenoord piuttosto che una formazione italiana che si chiama Roma.
A tutti loro va il mio augurio di poter andare a cagare ma in maniera ininterrotta e, per usare una battuta di Coliandro, di essere sepolti in terra sconsacrata. Scusate la sincerità ma dopo non so quante birre e il prosecco aperto per festeggiare il trionfo giallorosso, posso affermare che tutto sommato, in alcool veritas.
Daje Roma Daje.
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