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(IN)SUFFICIENZE DI COPPA

Di fronte ad uno stadio che non faceva risultare acquisito l’ennesimo sold out e con il proseguimento di una contestazione seppur meno evidente dell’ultima partita casalinga, la Roma ha affrontato il primo impegno di Europa League di questa stagione.

L’avversario lusitano non era per niente addomesticabile anche se i giallorossi hanno giocato un buon primo tempo dove è continuata la striscia positiva da marcatore di Dovbyk che sta giustificando la bontà dell’investimento fatto puntando il lui.

La ripresa, ahinoi, si è consumata in maniera triste derivante da cambi che hanno mostrato un deprezzamento della qualità espressa in cambio e hanno avvalorato la tesi che sostiene che certi giocatori non valevano le cifre pagate per acquistarli.

Dopo la vittoria in campionato la tifoseria si attendeva un altro tipo di Roma, decisamente più combattiva e convincente che avrebbe dovuto dimostrare una forza costante capace di resettare le dimenticanze di attenzioni spesso denunciate in passato. Invece i giallorossi, vuoi o non vuoi, hanno sempre un errore, una distrazione o un qualcosa che permette di regalare facili gol all’avversario di turno.

Siamo tutti d’accordo che non è una tragedia e che con questa nuova regolamentazione passano ben 24 formazioni ma i giocatori – laddove ve ne fosse bisogno – avrebbero necessità di immergersi in un bagno di umiltà grazie al quale comprendere quanto, al tifoso, l’amore per la Roma sia significativo e quali possono essere le sue reazioni in caso di un risultato deludente.

Non è solo da ieri che i tifosi macinano km e chi ha i capelli bianchi ha ben presente i treni speciali che partivano da Termini per raggiungere qualsiasi località, trasportando i supporter della lupa con tanto di bandieroni giallorosso e di cartelli issati su assi di legno con su scritto “ W LA ROMA”. Qualsiasi sia stata la generazione di tifosi e quella dei calciatori succedutisi nel corso dei decenni, il denominatore comune è sempre stato solido e costante: l’amore per i colori, la maglia e lo stemma. La Roma ha saputo, pur senza aver conquistato pletore di trofei, arrivare ai cuori della gente che hanno profuso un affetto che si è tramutato in amore e poi passione.

Ecco il “chi è” del tifoso romanista che viva nella Capitale così come all’estero: una persona che piange per un giocatore che viene venduto, per un trofeo conquistato, per una partita perduta per ingiustizia e via dicendo.

Ed è proprio in virtù di questa passione che chi indossa la maglia giallorossa, dovrebbe alimentare il suo desiderio di non arrendersi mai e lottare allo spasimo per i colori che in quel momento sta rappresentando.

Si ritiene opportuno cessare le considerazioni buoniste che troppi ingiustificati alibi hanno alimentato nel corso del tempo: chi gioca nella Roma deve sempre tirare fuori le palle e non accomodarsi all’ombra di un albero a godere dei raggi di un sole baciato dal Ponentino.

Daje!

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