Ridendo e scherzando siamo giunti alla 27esima giornata di campionato, in cui si affrontano i padroni di casa dello Spezia contro i nostri giallorossi privi dello squalificato Mourinho. Piccola parentesi: il colpo da maestro del nostro mister di seguire la squadra dal pullman, invece che dal box riservatogli dallo Spezia è qualcosa di fantastico.
I nostri recuperano gran parte della rosa, dovendo rinunciare soltanto a Spinazzola, Felix e a Sergio Oliveira. La Roma opta per la solita difesa a tre, centrocampo a quattro, due mezze punte libere di trovarsi gli spazi e il solo Abraham come punta, Zaniolo inizialmente in panchina in quella che fu la sua città.
Rui Patricio era in campo. Punto. Tranne che al minuto 55 quando deve salvare su Nzola, è praticamente uno spettatore per il resto della partita. Nel secondo tempo, quando la Roma è in superiorità numerica, giostra direttamente da terzo difensore in costruzione abbandonando la porta e proponendosi per lo scarico ai compagni per far viaggiare più velocemente il pallone.
Linea difensiva composta da Mancini – Smalling – Kumbulla. Nonostante la relativa pochezza degli avversari, che anche in parità numerica non arrivano praticamente mai al tiro, Gianluca trova il modo di gettarla in rissa e di farsi ammonire. Come al solito per un fallo inutile, dovuto alla troppa foga messa nell’intervento. Peccato, perché tutto sommato stava giocando bene anche in proiezione offensiva sganciandosi spesso dalla linea per sovrapporre a Karsdorp. Sostituito nell’intervallo.
Dopo aver annullato gli avversari nel primo tempo, Chris e Marash restano di fatto gli unici due difensori contro l’unica punta lasciata in campo dai padroni di casa. In due contro uno tutto diventa più facile e quando lo Spezia ci prova è bravissima la squadra tutta a ripiegare e dare man forte a loro due. Ordinaria amministrazione, ogni tanto ci vuole.
Centrocampo con Karsdorp – Veretout – Cristante – Zalewski su una linea e su quella più offensiva capitan Pellegrini e Mkhitaryan. Dopo giornate storte, si rivede in campo il Bryan dei bei tempi. Giocatore imperante, preciso nelle chiusure, abile nel palleggio, con un’ottima visione di gioco e ideatori di spunti molto interessanti per i compagni. Si piazza nel cerchio di centrocampo dominandolo e non lasciando passare niente e nessuno. Rinato.
Se buonissima è stata la prova del numero 4, altrettanto lo è stata quella di Jordan. Il francese, al contrario del compagno, è più mobile nella mediana giallorossa e funge da rinforzo alle spalle dell’italiano coprendo le eventuali fughe degli uomini in bianco. In ripartenza si allarga molto sulla fascia sinistra andando a creare una specie di 3-3-3-1: i tre difensori, lui Cristante e Karsdorp dietro a Zalewski, Pellegrini e Mkhitaryan con Tammy davanti. Uscirà soltanto per aumentare il numero di attaccanti e cercare di vincere quella che sembrava una partita maledetta.
Gioie e dolori in salsa olandese sulla fascia destra. Nel primo tempo Rick ha la libertà e la bravura di fare ciò che vuole sulla fascia, sia in fase d’attacco che in quella difensiva. Il problema è che, nonostante gli ottimi recuperi, le sovrapposizioni, i movimenti e la velocità in accelerazione, quando si arriva a quagliare (cioè mettere il cross al centro) è un disastro. La cosa che lascia sgomenti è la difficoltà che dimostra nel trovare l’affiatamento con i compagni e i loro movimenti in area, perché non è una questione di piedi fucilati: in moltissime occasioni del secondo tempo ha dimostrato di saper lanciare i compagni dalla sua metà campo direttamente in quella avversaria con dei palloni morbidi e precisi suoi piedi. Fiato corto e poco ossigeno al cervello? Qualcosa di strano c’è.
Dopo la bella prova fatta di spavalderia e coraggio tipica dei vent’anni, Mou concede una maglia da titolare al giovane Zalewski. Nico parte in sordina, pulito, ordinato, pettinato, senza strafare e cercando la giocata giusta al momento giusto. Si fa notare per un paio di ottime chiusure, determinanti, in difesa e altrettante diagonali che spezzano le trame di gioco spezzine. Pian piano prende confidenza e, soprattutto nei minuti prima della sostituzione, da fondo a tutte le sue energie dimostrando che i numeri per giocare coi grandi li ha tutti. Secondo tempo di sacrificio dopo l’entrata di El Shaarawy che lo abbassa sulla linea dei difensori, ruolo in cui va in difficoltà contro la fisicità di Nzola che spesso lo punta, ma tutto sommato resiste e lo fa anche bene.
Molto buona la prestazione dei due trequartisti, Pellegrini e Miky. Iniziamo dall’armeno che si ritaglia un buco alle spalle della linea mediana degli avversari, muovendosi di continuo tra sopra e sotto rendendo di fatto impossibile la marcatura preventiva. Nel primo tempo non lo prendono mai e lui ne approfitta per smistare palloni quasi sempre precisi per i compagni, ogni tanto si incarta e ne sbaglia qualcuno, ma è un essere umano anche lui e non gli si fa certo una colpa. Nel secondo tempo, causa ammucchiamento al centro degli avversari, fatica un po’ di più a illuminare e trovare spazio, ma niente che scalfisca la buona prestazione.
Quello che abbiamo visto ieri è la forma più vicina a quella del vero Capitano. Lorenzo ieri è stato abilissimo sia nel mandare in confusione la marcatura avversaria allo stesso modo di Mkhitaryan, sia nell’abbassarsi fino alla linea difensiva per andarsi a prendere la sfera e rilanciare le azioni. Tante belle giocate, tanti tiri molto pericolosi, tanta sfortuna e poca precisione che, però, vanificano tutto. Le ha provate di ogni tipo e in ogni modo ha ricevuto risposta negativa: da fuori, da dentro l’area, su punizione, di precisione, di potenza e quando la sfera non lambiva i pali sibilando fuori di poco, o ci arrivava Provedel con prodigiosi interventi o erano gli stessi legni a negargli la gioia del gol.
Sembrerà strano dirlo, ma sottotono è apparso colui che poi ha realizzato il gol vittoria: Tammy non è riuscito a essere dominante come normalmente gli riesce finendo per essere quasi del tutto annullato dal marcatore di turno. Nonostante ciò riesce comunque a trovare lo spazio per una stoccata verso la porta, ma con scarsissima potenza o con ancora meno precisione. È in giornata no, ma invece di abbattersi è lui che si prende la responsabilità di andare sul dischetto al minuto 99 e a segnare il gol partita da tre punti. Lui non si arrende e quando le cose vanno male è il primo a prendersi la situazione sulle spalle e a cercare di risolverle. Gran giocatore e grande esempio per tutti.
Tempo di intervallo e tempo di sostituzioni con Zaniolo che rileva Mancini poi via fino al minuto 67 quando El Shaarawy rileva Veretout, di nuovo avanti al 78esimo quando Shomurodov da il cambio a Zalewski e giù fino al minuto 91 quando Bove si scambia con Miky (mossa fondamentale nell’economia della partita).
Se gli ultimi due cambi sortiscono, per ovvi motivi, pochissimi effetti (molti dovuti anche allo scarso minutaggio a disposizione), l’ingresso di El Shaarawy e Zaniolo di fatto cambiano la forza e la qualità offensiva della Roma. Ben coperto dai compagni, il faraone può preoccuparsi di spingere sulla fascia, puntare l’uomo, cercare il dribbling e scaricare sui compagni, ponendo sempre in stato d’allerta la retroguardia dei padroni di casa. Altro boost di qualità è l’entrata in campo di Nico che, con la sua velocità, fisicità, tecnica e voglia di spaccare la partita, da solo mette in costante pressione l’arroccata difesa avversaria. Sarà lui a prendere il fallo decisivo in area di rigore lasciando mezza faccia sullo scarpino di Maggiore.
Scarsa precisione, sfortuna, abilità dell’estremo difensore dello Spezia, questi sono gli elementi che hanno frenato la Roma in questa partita maledetta in cui sembrava proprio che la sfera non volesse entrare. Su alcuni si può lavorare e intervenire, visto l’andamento della stagione sarebbe il caso di farlo al più presto, dato che non sono novità dell’ultima ora.
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