Il mio compito sarebbe quello di raccontare la partita della Roma a mente fredda. Ergo scevro da qualsivoglia “bollore” derivante da una prestazione esaltante o indegna, da decisioni cervellotiche del direttore di gara o da comprovati atti sabotatori da parte della sfortuna. Ammetto che farlo oggi, dopo la gara contro i nero verdi, è al limite delle mie possibilità.
Ciò che ho letto, tra la fine della partita e la stesura dell’articolo, non mi aiuta a razionalizzare e a mantenere la mente lucida. Una sequela di omissioni, alterazioni, distorsioni della realtà oggettiva dei fatti così imponente invece di stemperarmi sta avendo l’effetto contrario. Non c’è mai vergogna nel mondo del calcio italico e ciò che gli esperti, o presunti tali, ci stanno propinando ne è la contro prova. Non ne avevamo bisogno, davvero.
Così iniziamo con l’analisi prestazionale di Mirante, inoperoso per gran parte del match, che si fa trovare prontissimo nel momento del bisogno uscendo sui piedi di Djuricic al minuto 32, anche se in odore di fuorigioco. Sveglio e attento. Bentornato.
Difesa composta dai sopravvissuti Ibanez, Cristante e Kumbulla. Bryan non piacerà ai più, non ruberà l’occhio e sicuramente ci sarà chi mi taccerà di esaltare la sufficienza, ma non mi interessa minimamente e lo promuovo. Quando viene chiamato risponde presente, lotta e suda per la maglia e accetta di impegnarsi in un ruolo non suo (ma poi, ne siamo così sicuri?). Marash ha il merito di annullare totalmente gli attacchi dal suo lato, ben assistito da Rick di cui parlerò meglio più avanti, e scusate se è poco. Roger è quello che mi è piaciuto di meno. In marcatura e copertura è sempre puntuale, ma pecca ancora in alcuni momenti in cui è sempre un passo troppo avanti e in più si ostina a cercare la percussione personale finendo per perdere il pallone e costringendo i compagni a beccarsi un giallo per coprirlo. Così non va.
Sulla fascia sinistra Spinazzola è superlativo, costringe il loro esterno offensivo (Berardi) a inseguirlo per tutta la fascia e a fare il terzino aggiunto. Conquisterebbe anche un rigore che solo i prezzolati non vedrebbero e, infatti, non viene assegnato. Al VAR in quel momento erano sintonizzati su altri canali, ovviamente, ben più stimolanti da seguire al loro avviso. Bravi.
Al centro di tutto, Villar è il classico metronomo cattura palloni. Abilissimo a farsi trovare sempre libero per lo scarico, una volta con la palla tra i piedi è letteralmente impossibile togliergliela senza fare fallo. Con un po’ di coraggio in più su certe scelte, in circolazione del pallone, staremo parlando di un altro risultato. Ottimo, comunque. Al suo fianco Pellegrini. Per quanto il suo secondo tempo sia da incorniciare, fatto di chiusure, contrasti, ripartenze e tanta tanta legna, non si può soprassedere sull’errore al minuto 44. Dzeko lo mette solo davanti al portiere, lì si tira o si prova a saltarlo non si ridà la palla, per di più corta, al compagno. Questa paura, questa sua insicurezza, questa sua fragilità davanti al portiere è imperdonabile per un giocatore che vuole passare dalla sufficienza alla grandezza. Se non sai calciare in porta, ti ci puoi allenare e migliorare, se ti manca il coraggio o lo trovi dentro di te o resterai sempre un buon giocatore, ma mai un campione.
Migliore in campo, per me, è stato Rick Karsdorp. Giocatore che non possiamo definire “rinato” dalla cura Fonseca, ma proprio “creato”. Non c’è mai stato un Rick così, nemmeno quando ancora giocava in Olanda. Conosciuto per essere un giocatore di spinta, ha iniziato la carriera come esterno d’attacco. Oggi è uno dei migliori terzini destri in fase sia di spinta, che di copertura. Da rivedere in loop i minuti di recupero del match di domenica, in cui sembra essere ovunque in difesa: sinistra, destra e pure al centro, con una rabbia e una precisione negli interventi davvero insolita. Semplicemente WOW.
Davanti il triumvirato giallorosso formato da Dzeko, Mkitharyan e Pedro. Iniziamo dallo spagnolo. Sottotono da qualche partita, prime avvisaglie già contro i viola, contro il Sassuolo sembrava un pesce fuor d’acqua. Sebbene il primo cartellino giallo rimediato sia una totale panzana che odora di presa in giro, il secondo da regolamento è sacrosanto. Un campione di tutto come lui avrebbe dovuto prevedere che il pessimo Massara non lo avrebbe graziato, forse lasciar scorrere l’azione degli avversari sarebbe stato il male minore. Ma coi “se” e con i “ma” la storia non si fa, è andata così. Amen.
Discorso diverso per l’armeno e il bosniaco, che restano in campo insieme fino al minuto 84 quando Edin viene richiamato per far posto a Borja Mayoral. I due si intendono, lo si vede benissimo, e anche con la squadra in inferiorità numerica sono più pericolosi loro di tutti gli avversari. In due meglio di 11 più i cambi. Direi che ciò è abbastanza esplicativo sulla loro performance. Unico neo è che, comunque, non trovano il gol. Peccato ci manchi sempre un centesimo per fare un euro.
Mister Fonseca ha messo in campo una squadra attendista nel primo tempo e quadrata nella ripresa, forse peccando di troppa prudenza nella prima frazione. Osservando attentamente i primi 45 minuti, però, si capisce che aveva preparato bene il match, con la difesa più alta e un pressing più aggressivo ci saremmo esposti al contropiede avversario e ai loro tagli alle spalle dei difensori, cosa che hanno comunque provato a fare. Ha avuto ragione il tecnico giallorosso, anche nel secondo tempo quando ha abbandonato la costruzione tipica dal basso per sfruttare i lanci lunghi su Dzeko e la cattura repentina delle seconde palle. Ripeto: è mancato soltanto il gol, la prestazione generale della squadra e le idee tattiche dell’allenatore sono state ai limiti della perfezione.
“Daremo sempre noia” e non smetteremo mai. Forza Roma!
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