Articolo a cura di: Godot. (N.d.R.)
“Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.” (Holmes parlando con Watson nel sesto capitolo di Il Segno dei quattro)
Roma è una piazza che affascina, illude, esalta i suoi allenatori per poi fagocitarli un’insidia alla volta, un tranello dopo l’altro, un trabocchetto sistemato ad arte da questo o quello.
Non una città facile in cui poter fare calcio (basti ricordare le facce dei nostri ultimi 11 allenatori qualche mese prima dell’addio, nessuno di loro in grado di resistere per tre intere stagioni di fila in sella alla panchina) una squadra, la Roma, che da sempre alla sua guida necessita non soltanto di un bravo allenatore, ma anche e soprattutto di un uomo speciale, straordinario, dai nervi d’acciaio.
“Non sono fra coloro che considerano la modestia una virtù. Per un uomo dotato di logica, tutte le cose andrebbero viste esattamente come sono, e sottovalutare se stessi significa allontanarsi dalla verità almeno quanto sopravvalutare le proprie doti.” (Holmes da L’interprete greco)
Lo Special One, come Sherlock Holmes nel corso delle indagini narrate nei libri di Arthur Conan Doyle, ha dimostrato fin dalle prime battute della sua esperienza romanista, di saper controllare la realtà che lo circonda, di saper anticipare polemiche e provocazioni, di saper spingere gli eventi a proprio favore. In primis la polemica su Pellegrini liquidata rapidamente: “Pellegrini? Può fare tutto, se ne avessimo tre giocherebbero tutti e tre insieme, non ne lascerei neanche uno in panchina”.
Poi la scelta di puntare tutto e forte su Tommy Abraham, a oggi l’acquisto più pagato della storia della Roma, per sostituire e far dimenticare un giocatore importante in uscita (Dzeko chi?).
Scelta che sembra averlo subito ripagato fin da queste prime battute.
A seguire la decisione di far entrare i calciatori durante l’inno ad inizio gara, l’aver tolto pressioni alla squadra ricordando che c’è molto da fare, visto il piazzamento nello scorso campionato e l’aver velocemente schivato l’argomento scudetto passando la patata bollente a Simone Inzaghi.
No, Mourinho non è un allenatore a cui si può intralciare la strada, come Holmes durante le sue indagini, è lui che insegue e stringe il cerchio intorno al suo obiettivo non il contrario, mai il contrario. Nessun inutile colpo di teatro, nessuna macchinetta fotografica in mano per redarguire la sala stampa, nessun “mio calcio”, nessuna invenzione tattica avveniristica ma soltanto la ricerca della giusta misura per ogni circostanza affrontata nel corso di questo avvio di stagione.
“Il tocco supremo dell’artista – sapere quando fermarsi.” ( Holmes da L’avventura del costruttore di Norwood)
Mourinho è arrivato a Roma e come Sherlock Holmes sembra aver già osservato attentamente ogni aspetto della realtà circostante, raccogliendo prove e indizi, traendo le sue deduzioni, unendo il ricordo di quanto di questa città già aveva vissuto come allenatore dell’Inter alle nuove informazioni quotidiane carpite nelle giornate vissute dentro Trigoria.
Arriveranno giornate difficili da affrontare? Sicuramente.
Ogni stagione calcistica ha i suoi Professori Moriarty da dover affrontare:
ci saranno giocatori scontenti, giornalisti invadenti, sconfitte e risultati deludenti, ma con la consapevolezza, per noi tifosi, che tutte queste difficoltà troveranno un allenatore capace di affrontarle con sangue freddo, astuzia e intelligenza.
In pochi vorrebbero Sherlock Holmes o Jose’ Mourinho contro.
Meglio avere sempre dalla propria parte chi, come loro, non sa mollare l’osso fino a che non l’hanno fatto proprio. D’altro canto come ha da poco rivelato Pique’: “Guardiola era logorato e sfinito da Mourinho”. Non lo sfinisci, invece, uno come Mourinho, non lo sfinisci uno come Holmes, sono loro che un pezzetto alla volta sfiniscono il loro antagonista cercandone i punti deboli e attuando le strategie necessarie a raggiungere l’obiettivo.
Qual è l’obiettivo del nostro allenatore? Cosa gli hanno chiesto i Friedkin in fondo? Gli hanno chiesto di gettare le fondamenta di un qualcosa che in futuro porterà la Roma ad alzare trofei.
Chiedere di tracciare la strada di qualcosa che porti la Roma ad alzare trofei ad uno che ha vinto la Champions con il Porto, che ha dato all’Inter e al calcio italiano l’unico triplete della loro storia, ad uno che ha in bacheca 25 tra campionati vinti e coppe… niente di più naturale, semplice…elementare.
E al tifoso, come al lettore che sa per certo come alla fine Sherlock Holmes porterà a termine la sua indagine, non rimane che attendere con pazienza e fiducia che il suo allenatore venuto da Setubal porti a termine il suo scopo: regalando al suo popolo, la meraviglia di un percorso straordinario.
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