Inizia la Conference League per la Roma di Mourinho contro i bulgari del Sofia. Data l’importanza di sviluppare uniformemente la rosa a disposizione, il tecnico giallorosso opta per un cambio drastico di formazione cambiando 7 undicesimi dei titolari. Come è andata? Scopriamolo insieme.
Rui Patricio portiere di tutto, Mou si affida totalmente al connazionale e nemmeno in serate come questa si pone il problema di schierarlo. In fin dei conti è un portiere, l’unico ruolo che non ha bisogno di turn-over. Assolutamente incolpevole sul gol del vantaggio bulgaro, nel secondo tempo sfoggia almeno due parate che giustificano e spiegano al meglio la sua indiscussa titolarità.
Fascia destra occupata da un altro titolare fisso: Rick Karsdorp. Solo 45′ per lui in cui, però, macina chilometri avanti e indietro sotto la Tevere. Pieno di belle idee negli ultimi 20metri di campo, è lui a servire il pallone al capitano per il gol del pareggio. Timido e leggero in fase difensiva, qualche piccola responsabilità sul gol preso è anche sua. Bene averlo fatto rifiatare.
Sulla sinistra esordio per Calafiori, ragazzo molto giovane (ricordiamo che è un Under21) ma decisamente interessante. Partiamo col presupposto che avrebbe un disperato bisogno di giocare, perché parte piano e poco propositivo, ma col passare dei minuti ingrana le marce giuste e fa vedere di cosa è capace. Purtroppo i crampi lo costringono a uscire a 15 minuti dalla fine, ma tutto sommato offre una buona prova. Certo, se hai Viña e Spinazzola davanti sei destinato a vedere il campo col contagocce, ma è importante non sprecare le occasioni che capitano e lui non l’ha fatto.
Coppia centrale di difesa Mancini – Smalling. Partiamo da quest’ultimo e iniziamo col dire che la sua prestazione è tutto sommato buona. Rientra nel numeroso gruppo di responsabili del gol preso, sbaglia totalmente la copertura e si ferma invece di proseguire, ma da lì in poi non sbaglia più niente. Scoccia il palo a porta quasi vuota da pochi metri, ma segnare non è il suo compito e lo si perdona.
Gianluca sotto Mou si sta trasformando in una specie di cyborg assetato di sangue, un Terminator in divisa giallorossa. Pulito come sempre, imperioso, cattivo ma mai falloso, anticipa che è un piacere e puntuale in area di rigore avversaria per il 4 a 1. Non che non si fosse capito già l’anno scorso di che pasta fosse, ma sta dimostrando che può ancora migliorare e lo sta facendo in modo costante e impressionante. Meglio avercelo come compagno che come avversario. Unico errore nei primi 9 minuti in cui entra nel club dei colpevoli del gol con un intervento goffo e troppo morbido.
In una vittoria per 5 a 1 si può parlare di note negative? Si se vuoi vincere, se ti accontenti di partecipare allora no. Il duo Villar – Diawara non convince ne Mou ne me, sinceramente. Amadou è un rallentatore di gioco, non imprime velocità all’azione e si limita al compitino con scarichi facili e appoggi sicuri, praticamente nullo in fase di interdizione non gli riesce nemmeno la copertura sulle linee di passaggio avversarie. Prova incolore e insufficiente, così come quella di Gonzalo che, invece, avrebbe nelle sue corde il passaggio illuminante per trasformare l’azione da difensiva in offensiva, ma lo usa poco e male. Assolutamente pessimo in copertura, il primo responsabile del gol preso a causa dell’eccessiva cautela sull’attaccante che stava entrando in area di rigore, sul finire del primo tempo sembra trovare la quadra al cerchio, salvo poi perderla di nuovo nella ripresa finendo sostituito.
Carles Perez parte titolare sulla fascia destra, dando meritato riposo a Zaniolo. Gioca una partita poco appariscente, fatta di continui scatti e dribbling per liberare i compagni e liberare se stesso al tiro che prova ogni volta vede la porta. Non ruba molto l’occhio, ma solo perché i bulgari lo temono e lo raddoppiano di continuo, ma lui non se ne cura più di tanto e li salta regolarmente. Tutta la libertà sulla fascia di Karsdorp nel primo tempo è solo merito suo e scusate se è poco. Ossessionato dalla ricerca della rete, speriamo la trovi il prima possibile perché rischia di diventare egoista e sarebbe un passo indietro rispetto alle buone ultime prestazioni.
El Shaarawy è la dimostrazione vivente che se un giocatore finisce in panchina è solo perché si può giocare solo in 11. Su venti squadre della Serie A sarebbe titolare inamovibile in 18 ora che ha ritrovato fiducia e forma fisica. Ha una media realizzativa spaventosa rispetto ai minuti giocati, ma non è questo il punto focale della sua stagione. Ciò che impressiona maggiormente è come riesca sempre a trovare la scelta giusta in ogni occasione di gioco, preciso nel dialogo coi compagni, bravo a saltare l’uomo e chirurgico al tiro, s’è definitivamente tolto la ruggine accumulata tra Cina e infortuni. Mkitharyan è ancora avanti nelle gerarchie di squadra, giustamente, ma quanto potrà durare con uno Stephan così? Il piacere dell’abbondanza.
Con il 14 sulle spalle, gioca titolare per tutto il match Eldor Shomurodov. L’attaccante uzbeko è il giocatore più vicino a ciò che è la definizione di attaccante totale. Non ha un ruolo ben definito, in quanto parte come punta ma poi arretra fin dietro a Pellegrini per far partire le azioni, si allarga spesso sulla fascia andando a pressare e rubare palloni ai difensori in costruzione, destra o sinistra per lui non fa nessuna differenza e in area di rigore è sempre pericolosissimo. Due assist sul taccuino e un palo che grida vendetta in una notte in cui gli è mancato solo il gol.
Non mi sono affatto dimenticato di lui, l’ho volutamente lasciato per ultimo. Nella notte di coppa s’è accesa ancora una volta la stella che porta il come di Lorenzo Pellegrini, per gli amici “il Capitano”. Semplicemente sontuoso sotto tutti gli aspetti, sbaglia zero in 73 minuti giocati regalando perle che illuminano l’Olimpico più dei riflettori. Il suo gol del pareggio non è un gol alla Del Piero, alla Baggio o alla Totti, è un gol alla Lorenzo Pellegrini: puro istinto, leggerezza e voglia di fare la cosa più semplice ma al contempo più difficile. Che gli riesca tutto è testimoniato anche dal secondo gol, per lo più involontario, dove spiazza il portiere tirandosi il pallone sul piede d’appoggio.
Giudicarlo solo dai gol sarebbe da sciocchi e anche abbastanza limitato, cosa che invece il capitano non è. Non essendoci un regista in squadra è lui che scende davanti alla difesa e smista palloni, rifinitore dietro la punta con aperture sempre puntuali e precise, tosto negli interventi di interdizione e faro a cui i compagni si affidano ciecamente nei momenti di difficoltà. C’è tanto lavoro dietro questa sua maturazione, non solo suo ma anche del mister che ha saputo toccare le corde giuste per portarlo finalmente ai suoi livelli.
Valzer delle sostituzioni che parte già nell’intervallo con Ibanez per Karsdorp; Roger inizierà la ripresa da terzino destro per poi chiudere da sinistro, non è il suo ruolo e si vede, ma non sfigura più di tanto. Si continua col doppio cambio Cristante – Veretout per Diawara – Villar; esasperato il portoghese aggiusta il tiro reinserendo i titolari e aggiustando il centrocampo che nei primi minuti della ripresa era in evidente sofferenza. Chiudono le danze Kumbulla – Abraham per un acciaccato Calafiori e per la standing ovation a capitan Pellegrini. Buona la prova dell’albanese, anche se da terzino, felicissimi i venti minuti giocati dall’inglese che trova il gol sotto la sud e dialoga bene coi compagni.
Tutto bene, allora? No, molto ma non tutto. Come sottolineato da Mourinho a fine partita non abbiamo meritato di vincere 5 a 1. I terzini hanno spinto poco e abbiamo perso molti duelli in fase difensiva, in più il centrocampo non ha fornito la giusta intensità. Tutte cose molto evidenti, che l’euforia della sesta vittoria consecutiva non può e non deve cancellare. Se la Roma fosse un edificio in costruzione, non avremmo nemmeno gettato le fondamenta: ma solo recintato l’area.
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