Domenica pomeriggio, domenica di campionato. In terra sarda si scontrano i rossoblu del Cagliari contro i giallorossi di bianco vestiti della Roma. Il mister sfrutta l’occasione per dare minuti di gioco agli infortunati di ritorno e testare l’undici anti-Manchester per giovedì. Ormai è chiaro che del campionato non importa più niente a nessuno.
Pau Lopez torna in porta, causa infortunio di Mirante. Il brutto e sporco portiere spagnolo ha tutte le colpe del mondo sui tre gol presi dalla squadra: è colpa sua se da un mischione in area di rigore nasce il gol del vantaggio (doveva lui marcare Lykogiannis evidentemente), sua anche la responsabilità se Fazio non chiude su Marin libero di sparare a rete dai 25m, sua la colpa se in quattro si perdono Joao Pedro libero di battere a rete di testa su corner. Poteva pure evitare, a questo punto, di salvare sempre sul brasiliano al 32esimo e immolarsi su Simeone a inizio ripresa. Pippa.
Contro gli isolani a Mancini non andava di giocare. Era ovviamente in modalità OFF, talmente tanto da commettere i peggiori errori in uscita dalla difesa (Marin ancora ringrazia), chiusure all’acqua di rose e sortite in avanti sterili e inutili. Se tutti hanno staccato, perché devo essere l’unico a farsi in quattro? Mi pare giusto.
Torna Smalling al centro della difesa e siamo tutti contenti. Punto. In un’ora di gioco con lui in campo la Roma prende due gol e il suo apporto alla causa è stato veramente esiguo e limitato al compitino: palleggio, corricchio, ogni tanto do una spallata qui e una lì per vedere se il fisico regge e stop. Ok, tutto funziona ora posso uscire dal campo. Rodaggio completato. Al suo posto Cristante che non fa ne meglio ne peggio, ma riesce comunque a litigare con tutti e a prendersi il giallo al minuto 82. Grazie Bryan.
Fazio completa il terzetto difensivo, trasformandosi abilmente nella quarta, e più pericolosa punta, del Cagliari. Fuori posizione dopo 4 minuti e gli avversari sfondano dal suo lato per il gol del vantaggio; non pressa l’avversario lasciandolo libero di tirare in porta sul raddoppio; è il primo a perdersi l’attaccante sul corner del terzo gol. Chiude in bellezza siglando il gol del 3 a 2. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
Si rivede in campo, dopo tanto tempo, perfino Santon. Il suo apporto alla causa finisce subito dopo le foto di rito a inizio match. Da lì in poi nessuno l’ha più visto ne sentito. La Roma gioca male di suo, su questo siamo d’accordo, ma con lui e Fazio in campo è come essere scesi in campo in nove. Dopo un’ora si ricordano di lui e lo richiamano in panchina per Karsdorp, che comunque non fa poi tanto meglio. Suppellettile il primo, involuto il secondo.
Villar gioca tutto il match, prendendo pestoni e sbagliando di tutto quando ha il controllo della sfera. Ok: è giovane, è il primo anno da titolare, è in un periodo “no” che capita a tutti e gli possiamo riconoscere tutte le attenuanti del caso, ma allora perché insistere? Non è in grado di giocare, insistere è accanimento. Se solo ci fosse un rimpiazzo…
Diawara affianco allo spagnolo corre. Punto. Amadou corre. Il suo compito è rimembrare le gesta di Forrest Gump a tutto il pubblico da casa, evidentemente. Non fa altro, non si segnala per altro se non l’eccessiva lentezza che da alla manovra quando ha la palla tra i piedi. Corre pure quando al minuto 74 lascia il campo a Veretout, che quantomeno ci mette un po’ più di fondamentali oltre alla corsa, ma niente di trascendentale. Maratoneti.
Bruno Peres torna alla sua fascia di appartenenza e si perde. Come dopo un mese di vacanza in un hotel All Inclusive, Bruno torna a casa e non la riconosce. Aspetta che gli vengano serviti i pasti che non arriveranno mai, aspetta che gli si rifaccia il letto che rimarrà sfatto, aspetta e spera che il sogno poi s’avvera: nella ripresa, infatti, viene sostituito da Spinazzola che ci ricorda cosa fa un terzino offensivo e come si ara la fascia sinistra. Come tornar a riveder le stelle. Alleluia.
Sulla trequarti girano a diverse velocità capitan Pellegrini e Carles Perez. O per meglio dire: gira Perez e Pellegrini lo guarda. Il capitano gioca da fermo, dando un chiaro segnale alla squadra: non facciamoci male, per l’amor di Dio! Infatti, come lui, stanno tutti fermi a guardare gli altri correre e segnare. Di diverso avviso lo spagnolo, che invece ci prova e ci crede, mettendo in campo quella voglia di fare che tutti gli altri hanno lasciato sul pullman. L’unico buono in un mondo di cattivi: lui è leggenda.
Dopo un’ora, causa troppo sole preso, il mister richiama il capitano e lo sostituisce con Mkitharyan. L’armeno incamera minuti di gioco e ne approfitta per scrollarsi di dosso un po’ di ruggine e oliare per bene i meccanismi in vista di giovedì: speriamo abbia funzionato.
Borja Mayoral chiude l’undici e anche questo articolo su uno scempio di partita che la Roma ha buttato nel secchio ancora prima del fischio iniziale. Potrebbe portarci in vantaggio al 50esimo se Vicario non si superasse su un suo tiro da dentro l’area di rigore, ma sarebbe stato oggettivamente troppo. Anche lui tra le belle statuine che ammirano Joao Pedro svettare libero sul corner di Marin per il 3 a 1, ma tanto la colpa è di Pau Lopez, lo abbiamo già detto prima. Pigro e svogliato.
Fonseca ha mollato del tutto il campionato e questo è palese ormai da tempo. Vuoi perché ingolosito dalla possibilità di giocarsela con lo United, vuoi perché ormai conscio del suo futuro, vuoi perché stanco di lottare per non affogare da quando ha tutto e tutti contro, ma io non me la sento sinceramente di fargliene una colpa. Scelta giusta o sbagliata che sia, resta comunque il buon lavoro fatto fin’ora con una rosa ridicola, senza cambi e costantemente a corto di 3 o 4 titolari a partita. Un mister che ha scelto noi quando tutti ci hanno rifiutato e schifato e, nonostante tutto, ha dato un’identità di gioco e ci ha fatto tanto entusiasmare quando ha potuto contare sulla rosa quasi al completo, io lo ringrazierò sempre.
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