Passava spesso a fare la spesa al mercato di Ponte Milvio, alto, distinto, sempre vestito elegantemente. No, non era Dino Da Costa, ma la sua illustre vittima: Bob Lovati, per anni portiere della Lazio che di palloni scagliati dal brasiliano della Roma, ne raccolse ben 13 all’interno della porta da lui difesa.
Se n’è andato oggi, il grande Dino Da Costa, brasiliano atipico che nel 1955 divenne giocatore della Roma lasciando il Botafogo, la squadra carioca che lo lanciò nel mondo del calcio.
Da Costa restò nella Roma per ben sei anni, giocando con i nostri colori 163 volte e realizzando ben 79 reti (a tutt’oggi decimo marcatore giallorosso di tutti i tempi) vincendo solamente la classifica dei cannonieri con 22 gol e la Coppa delle Fiere nella stagione 1959/60.
Come calciatore Dino Da Costa, brasiliano naturalizzato italiano per via dei suoi genitori, giocò anche con altre squadre (Atalanta, Fiorentina, Juventus, Verona e Ascoli) ma la Roma gli rimase nel cuore così come nel cuore rimase ai tifosi più attempati che si ricordano di una squadra testaccina che ancora, nell’immaginario popolare, era rappresentata in radio da Orazio Pennacchioni (so tifoso de la Roma e so contento) che la domenica, dalla trasmissione di Radio Campidoglio, faceva sorridere quegli stessi tifosi che un paio d’ore più tardi con il Tifone arrotolato in una tasca del cappotto e una cirioletta con la classica frittata, se ne andava in quel catino dell’Olimpico che tanto sapeva di trionfi che non sarebbero mai arrivati.
Da Costa non poteva saperlo e, in fondo, era tutto un altro calcio: lo stesso che Bob Lovati, sorridendo sistemandosi il capello bianco prima di alzare il bavero del suo loden blu, rimpianse nonostante le tredici reti siglate da quello strano brasiliano che era stato compagno di Vinicio e Garrincha. Ma parliamo di anni luce fa.
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