Non è successo niente. Ve lo dico subito, così vi spoilero tutto l’articolo e deciderete voi se continuare a leggerlo oppure no. Roma batte Fiorentina due a zero in una partita dominata per 80 minuti, i primi 10 bisogna ammetterlo sono stati di marca viola. In tribuna i tre tenori: Ryan e Dan Friedkin accompagnati dal CEO Fienga. Qualche fila più sotto, Zaniolo con cappellino e mascherina. Beato lui che può andare allo stadio.
Un sempre più in bilico Fonseca schiera un inoperoso Mirante, ma rientrato negli spogliatoi se la sarà fatta la doccia? Dubitiamo. Il bell’Antonio stasera è stato totalmente schermato dalla prestazione mostruosa del trio Ibanez – Smalling – Mancini. Il brasiliano è stato l’incubo notturno della corsia sinistra viola, stoppando la qualunque e proponendosi in avanti appena possibile; l’inglese ha tamponato e respinto ogni tentativo di sfondamento centrale, andando in costante anticipo su ogni giocata avversaria; l’italiano ha offerto una dimostrazione di come si marca a uomo annullando totalmente un campionissimo come Ribery, scusate se è poco. La superiorità della difesa sull’attacco viola è stato a tratti imbarazzante.
Nel mezzo del campo un inedito goleador Spinazzola, bravo a sfruttare il buco difensivo nell’occasione del gol del vantaggio romanista, ancora più bravo a martellare quella fascia in lungo e in largo per tutta la durata dell’incontro. Veretout e Pellegrini, migliore in campo quest’ultimo, hanno composto la cerniera centrale. Se Jordan ha interrotto ogni azione potesse fisicamente interrompere, Lorenzo ha costruito e inventato giocate di gran calcio. Ottima circolazione del pallone, velocità di esecuzione, tempi perfetti e squadra che si appoggia su di lui. Puntualità e precisione. Sul finire del match sono stati sostituiti da Kumbulla, i viola erano passati a tre punte vere davanti, e Cristante. Il buon Bryan non si smentisce e in dieci minuti riesce a prendersi il suo cartellino giallo d’ordinanza. Preciso anche lui.
A destra stasera tocca di nuovo a Karsdorp. Ora: che gli vogliamo dire a Rick? In difesa parte distanziato dall’uomo che marca, coprendo la linea di verticalizzazione e costringendo i viola a costruire sulla fascia; una volta eseguito lo scarico, eccolo che parte per andare a chiudere prima che l’avversario riceva il pallone o subito dopo: di lì, in sostanza, non si passa. In proiezione offensiva è sempre presente sulla fascia. I compagni lo trovano con continuità e lui non sbaglia un appoggio, uno stop e va vicino al gol nel primo tempo con un bel tiro di contro balzo. Lo avrebbe meritato. Sostituito a venti dal termine con Bruno Peres che in così poco tempo riesce a offrire la stessa prestazione del compagno e due assist non sfruttati dai nostri attaccanti. Impressionanti.
Per il golden trio Dzeko – Pedro – Mkytharian io ho finito gli aggettivi. Questi tre parlano una lingua che le difese non capiscono, sembrano uno l’estensione del corpo degli altri due, una sola testa in tre anime. Fantastici. Il bosniaco più che falso nove (mi rifiuto di scrivere “nueve”) è un vero e proprio numero dieci: si abbassa sulla trequarti e scocca le frecce ai suoi lati oppure allarga sulle fasce o si gira e punta la porta. Con tutte queste opzioni di gioco fermarlo è praticamente impossibile. Lo spagnolo è uomo ovunque dell’attacco giallorosso, sinistra o destra non fa differenza per lui. Quando non riceve palloni giocabili si abbassa fino alla linea dei difensori ed è il primo a rincorre gli avversari quando tentano ripartenze palla al piede. Inumano. L’armeno è un treno che va su e giù alternandosi con l’iberico a destra e sinistra. Una sincronia perfetta. Incommensurabile. Scampoli di partita anche per Carles Perez, che negli occhi ha la grinta di chi vorrebbe giocare di più, ma come fai a togliere spazio a uno dei tre lì davanti?
Fonseca ha tra le mani dodici, tredici titolari più due o tre buone riserve e qualche giocatore da pensionare e lo sa. Quindi, giustamente, punta tutto sul campionato facendo otto cambi rispetto all’ultima partita di coppa, preservando quello che si può e i risultati gli danno ragione. L’uomo più in bilico tra i venti allenatori della serie A, intanto, ha gli stessi punti dell’Inter e del Napoli, uno in meno di Juventus e Atalanta e tre rispetto al sorprendente Sassuolo di De Zerbi. Così, tanto per dire.
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