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Ragione e sentimento

Cari lettori, devo scomodare un pilastro della letteratura inglese e mondiale per poter esprimere il mio pensiero in questo articolo. Jane Austen è stata una figura di spicco della narrativa neoclassica, e una delle autrici più famose e conosciute del panorama letterario del Regno Unito e mondiale. La Austen ha descritto nei suoi romanzi la società inglese dell’epoca vittoriana, cercando di velarla dietro il racconto principale imperniato nella ricerca del marito delle ragazze inglesi dell’epoca.

In ragione e sentimento si narrano le vicende amorose di Elinor e Marianne (titolo della prima stesura del romanzo). Ragazze dal carattere e dai modi agli estremi opposti. La riservatezza e la ragionevolezza di Elinor, sempre alla ricerca del bene familiare, si contrappone all’irruenza e alla passione (il sentimento) di Marianne, che anticipando l’emancipazione femminile, viene attratta da ragazzi per la loro bellezza esteriore, non ‘ragionando’ sulla loro purezza d’animo.

Forse, mi sono dilungato troppo in questa parentesi letteraria, ma il motivo è molto semplice. La ragione e il sentimento sono i due caratteri che i tifosi romanisti vivono quotidianamente. Due caratteri che in molti di noi sono più o meno dominanti, e spesso l’uno annichilisce l’altro. L’ambiente romano è anche un pò questo. Dovendolo descrivere ad un nuovo arrivato in questa città, che osa avvicinarsi a questa società e a questa squadra, è importante parlagliene.

Il nostro sentimento parte dalla memoria, dal ricordo. Ex calciatori dovrebbero per forza, avendo militato nella Roma delle passate stagioni ed essendo entrati nel cuore dei tifosi, entrare a far parte di una dirigenza che un po’ tutti ci creiamo nel nostro immaginario che da individuale, dopo un breve confronto, diventa collettivo. Perché a noi, come a tutti i tifosi del mondo, piace sognare.

Perciò associare alla Roma i nomi di Boniek, Voeller e tanti altri per il ruolo di dirigente è un esercizio di profondo sentimento che non voglio assolutamente giudicare. Ma voglio altresì ricordare, che, nel mondo Milan, Gianni Rivera e tanti altri ex non hanno trovato spazio e Maldini ha dovuto attendere molti anni prima di tornare a farne parte. Nella gloriosa e ‘perfetta’ Juventus Del Piero non ha alcun incarico, ma nemmeno Tardelli, Cabrini, e tanti altri ex campioni che ne sono stati protagonisti. A questo sentimento, si associa quello negativo, verso ex dirigenti che per delle diatribe con importanti esponenti della squadra, hanno avuto l’appellativo di ‘nemici della Roma’. Ne sono vittime Baldini, Baldissoni, legati alla gestione Pallotta.


C’è un altro fenomeno legato al sentimento, da me denominato ‘vedovanza’. Uomini e donne amati e odiati in periodi alterni della loro vita giallorossa. Sono stati protagonisti di insulti e di rivalutazioni a posteriori molti tecnici come Spalletti, Capello, Garcia, Zeman, ma anche molti presidenti come Dino Viola, Franco Sensi, Rosella Sensi e per ultimo James Pallotta.Un esempio di professionista legato a fasi alterne a questo ‘sentimento’ è stato Sabatini. Amato e odiato, direttore sportivo e talent scout di valore assoluto, che ha forse sbagliato modi e tempi per creare la sua rivoluzione. Almeno quella che aveva in mente.


Lo stesso Sabatini disse a Petrachi, per stessa ammissione di quest’ultimo, che la Roma gli sarebbe entrata nella pelle. Questo è vero, ed in effetti per molti è così. Basta leggere le cronache della vicenda Smalling per capire come sia vera questa affermazione. Il ragazzo in questa sessione di calciomercato ha lottato e si è espresso nel volere solo la Roma. Questo sentimento non si manifesta nella stessa modalità in tutti. Ci sono ex che rivendicano in modo rancoroso il loro passato, descrivendo particolari che potrebbero mettere in difficoltà anche l’attuale proprietà. Per altri invece prevale il sentimento buono. Oserei dire la ragione, i bei ricordi restano alla base del loro rapporto con questa società, soprattutto inserendo un altro elemento fondamentale in questa storia: La tifoseria. Noi tutti, restiamo nei cuori di questi uomini e donne che hanno lavorato per questa squadra. Molti di loro ricordano, in occasioni spesso fuori contesto, la loro esperienza e l’affetto dei tifosi. Esempi di qualche mese fa sono quelli di Garcia e Burdisso.

La vera ‘ragione’ di cui volevo parlare in questo scritto è un’altra.
L’ambiente romano, oramai famoso ed indicato come il male primario di questa società, è anche veicolato dalle emittenti radiofoniche. In ogni radio vengono espressi commenti più o meno lucidi su calciatori, dirigenti, presidenti allenatori, medici, ed in futuro forse magazzinieri e giardinieri (questo forse è stato già fatto…). Come in tutti gli ambienti lavorativi esistono professionisti che dicono la realtà o la verità che hanno appreso e che fanno prevalere la ragione nel loro modo di essere tifosi, ma anche pseudo professionisti che veicolano informazioni per loro tornaconto o per piacere alla tifoseria, sfruttando il sentimento.

Il sottoscritto preferisce la ragione, e che la situazione così come è venga esposta in modo crudo ma sincero. Questo modo di descrivere la realtà Roma a molti non piace, ma lo ritengo corretta nei confronti dei tifosi. Per la nuova dirigenza dal 17 agosto è iniziata un’avventura importante e cinica allo stesso tempo. Analizzare lo scenario e capire come comportarsi. Restare lucidi di fronte ad ogni situazione. Calarsi in una realtà cercando di capire come risolvere la problematica che si è venuta a creare. Senza un reale motivo, nell’incipit del campionato si stava iniziando a suonare le campane a morto sulla Roma.

Dopo la gara contro l’Hellas Verona, le campane hanno suonato con più vigore, risuonando in lungo e in largo dopo il fattaccio brutto della lista. Negligenza? Dilettantismo? Forse chi lavora o lavorava a Trigoria era già consapevole che quella scrivania doveva essere abbandonata? Ai posteri l’ardua sentenza.  L’inizio della stagione non è certamente un trionfo ma, guardando alle prestazioni, c’è più di un segnale incoraggiante, a partire dai primi tempi delle gare contro l’Hellas e contro la Juventus, entrambi giocati a un buon livello fino al momento di concludere in rete. Si sono disputate solo tre gare e, nonostante le polemiche, la squadra sembra essersi compattata attorno a Fonseca mentre i Friedkin hanno totalmente aderito al mondo Roma. Adesione sincera e senza fronzoli. Aderito a tal punto da inglobare tutto senza però apparire in alcun modo.

Muoversi nell’ombra e con l’agilità del vento, questo mi sembra il loro modo di fare: non fanno trapelare niente a nessuno e non potrebbe esserci miglior biglietto da visita.  Le vicende della Roma parleranno per loro, in un senso o nell’altro. Anche in questo si può aderire alla ragione. Freddi comunicati stampa e dichiarazioni rilasciate dall’Amministratore Delegato, rimasto per la continuità aziendale con la passata gestione. Oppure proclami, che parlano di vittorie, principesse che diverranno regine, di competitività già dall’immediato. Questo è sentimento, che fa sognare il tifoso, ma non è la cruda realtà.

A partire dalle prossime settimane dovremo aspettarci delle scosse telluriche, la prima delle quali è già avvenuta con l’addio dell’Avvocato Baldissoni, il referente italiano della gestione Di Benedetto-Pallotta.
Attendendo un nuovo Direttore Sportivo e un nuovo Direttore Generale, scelta che sarà decisiva per le strategie della Roma del prossimo futuro, tutto è in mano a Guido Fienga che, oltre ai conti e agli sponsor, si è dovuto occupare pure del mercato. Per un dirigente che nella sua vita si è occupato di aziende, ma che per sua stessa ammissione ha dichiarato di non capire nulla di calcio, è stato un compito abnorme.

Non sono sicuro che Fienga resti all’interno della società in futuro, anche se è stato confermato Amministratore Delegato nell’ultimo Consiglio di Amministrazione, ma si è sobbarcato di un fardello immenso. La ‘ragione’ del tifoso diceva che non fosse il suo lavoro, il ‘sentimento’ diceva tramite i social network di cacciarlo il giorno dopo la chiusura del mercato. C’è stato pressappochismo? Dilettantismo? Non sono in grado di giudicarlo, ma il diktat della linea societaria era risanare la società, tramite l’abbassamento del monte ingaggi e la vendita di asset ‘calciatori’ per una cifra oltre ai 100 milioni in plusvalenze. I conti della Roma non erano per niente in ordine. Su questo argomento lascio la parola ai miei amici/colleghi di redazione esperti in tale ambito. Fatto sta che non si possono fare le nozze con i fichi secchi.


Fienga ha dovuto fare le nozze con le diapositive delle immagini sfocate dei fichi secchi. L’unico segnale di normalità, al momento, è dato proprio dalla presenza dei proprietari. Dan Friedkin sarebbe dovuto restare solamente per pochi giorni e, invece, è ancora qui e lo si vede sempre in tribuna. Una linea di discontinuità con il passato, in cui qualcuno legato dal sentimento contava i giorni di assenza di Pallotta. Chi lo faceva, non sapeva forse che Singer si è visto meno di Pallotta a San Siro o che i Glazer si sono visti pochissime volte all’Anfield Road. Nel mondo del calcio, oramai, prevalgono le dinamiche che si vivono quotidianamente nelle aziende: si demandano gli incarichi. Questo ha fatto Pallotta, forse delegando male, e qualche delega dovrà farla anche Friedkin.

Per la tifoseria, quella dei Friedkin è un segnale di vicinanza, di presenza, un modo per conoscere il mondo Roma a 360°. Saranno settimane importanti, le prossime, per capire l’indirizzo che vorranno dare i Friedkin a questa società. C’è curiosità su quali saranno le loro prime mosse. La ragione mi dice che sarà un anno importante per la Roma.

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