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Dal tramonto all’alba. Verona-Roma 0-0

Verona-Roma 0-0.

In questo particolare periodo storico abbiamo tutti più o meno capito che ciò che era la nostra normalità dovrà gioco forza cambiare. Spaesati da questa rivelazione, in molti vagano alla ricerca di un punto fermo a cui agganciarsi per ripartire.
Proprio da un punto, oggi, è ripartita la nostra Roma, solida roccia che non smette mai di offrirci appigli per ricordarci chi eravamo e chi torneremo, un giorno, ad essere.

La compagine giallorossa ha sfidato su un campo arato di fresco i ragazzi del Verona, riportando all’interno del GRA soltanto un misero punticino figlio di un pareggio nato in un match altalenante, fatto di alti (pochi, ma presenti) e bassi profondi. La sorpresa della partita è stata sicuramente la presenza in porta di Mirante, abile a farsi trovare pronto perché in fondo un portiere di 37 anni pronto lo è sempre. Sicuro tra i pali, reattivo quanto basta, comanda una difesa di giovani di bellissime speranze con la consapevolezza di chi sa di cosa sta parlando. Bocciatura per Pau Lopez, quindi? Non proprio.

È sotto gli occhi di tutti che lo spagnolo vive un momento di spaesamento, di desincronizzazione mentale, è distratto e assente a se stesso. In una parola: ha paura. Nel calcio tutti possono avere paura: un difensore, un centrocampista, un attaccante possono avere paura di sbagliare, ma un portiere no. Se il portiere sbaglia è gol subìto e non c’è nulla che si possa fare. Qual’è allora la via d’uscita per Pau? Scrollarsi di dosso la responsabilità, capire di essere stato superato nelle gerarchie, togliersi di dosso la zavorra e tirare fuori l’orgoglio di chi non ci sta a passare un anno a guardare gli altri giocare. Sarà un percorso lungo: buona fortuna.

La difesa di oggi presenta di nuovo l’esperimento Cristante centrale. Tutto sommato una buona gara per lui, fatta di chiusure precise, buon senso della posizione, nessuna paura di andare a contrasto (sia aereo che terreno) e in generale una prestazione attenta al compito e molto presente. Al suo tabellino s’appunta solo una distrazione grave, essersi perso Di Carmine a inizio ripresa, buon per lui che l’avversario l’abbia sparata in curva di testa, invece che in fondo al sacco.

Roma

A fargli compagnia dietro il duo Mancini/Ibanez. Gianluca, alla seconda stagione in giallorosso, presenta tutti i pregi e i difetti con cui ci aveva lasciato l’anno scorso: roccioso, veloce, bravo di testa, ottima conduzione della palla; pecca in esperienza, ma a 23 anni non gli si può chiedere di giocare sempre come uno di 31. Ibanez è la vera star del pacchetto arretrato: vent’enne brasiliano dalla marcatura tignosa, veloce e sicuro di sé con la palla tra i piedi (forse pure troppo, ciò lo porta talvolta a strafare).

Dipinto così può sembrare l’incarnazione del difensore centrale definitivo, un muro invalicabile, un pilastro su cui poggiare il mondo, invece anche lui soffre di qualche difetto: gli capita spesso di accettare l’uno contro uno invece di fare gioco di posizione e piazzarsi preventivamente sulla traiettoria del pallone, questa sua predilezione allo scontro fisico con l’avversario, spesso lo porta ad essere quello dei tre che più spesso viene puntato, ma così facendo prima o poi l’errore arriva e se la punta ti salta poi sono dolori.

Curiosità statistica: se oggi avesse giocato Kumbulla, i tre difensori avrebbero messo insieme la bellezza di 64 anni, solo 27 in più del portiere titolare. In prospettiva il reparto arretrato è quello che dà maggiori garanzie di riuscita in quanto i protagonisti sulla carta sono complementari e ben assortiti, il punto dolente è che si gioca nel presente e forse un quarto e quinto uomo con un po’ più di primavere sulla carta d’identità non sarebbero una cattiva aggiunta.

Diawara/Veretout sono i nomi che compongono la cerniera di centrocampo. Tanto ruvido, sia nel bene che nel male, il primo quanto dannatamente concreto e senza fronzoli il secondo. Diawara è sicuramente un generoso, uno che non si risparmia mai, un lottatore pronto a buttare il cuore oltre l’ostacolo ad ogni piè sospinto, ma se da un lato non possiamo che gioire dei suoi ripiegamenti difensivi dall’altro dobbiamo perdere inevitabilmente qualcosa in costruzione. Il ragazzo ha visione di gioco, è il piede che è un gran maleducato! Completamente sprovvisto del tiro, è spesso protagonista del compitino in costruzione: prendo palla, mi giro, scarico all’uomo più vicino. Non è lui che verticalizza o accelera la manovra, anzi spesso palla a lui equivale a un tempo di gioco in meno.

Il suo doppio francese, invece, punta tutto sulla corsa e la fisicità. È una macchina da guerra che viaggia spedito, si inserisce in avanti e torna lesto in difesa ben conscio che c’è bisogno di lui. Si ha prove passate di una sua comprovata delicatezza nel calciare il pallone, in movimento ma anche da fermo. Fisico da rugbista della prima ora, faccia cattiva è la risposta sulla mediana a Vincent Candela. Il problema è uno: se a fare legna abbiamo due ottimi boscaioli, chi tesse la trama? Chi dirige i lavori? Eh si…un regista servirebbe proprio. Che possa essere il buon Gonzalo Villar la risposta alle nostre domande? Troppo presto, decisamente troppo presto per dirlo, ma qualcosa s’intravede.

Roma

Sulle fasce abbiamo appena visto Spinazzola e il redivivo, e poi redimorto, Karsdorp. Prima di tessere le lodi dell’italico terzino, lasciatemi parlare del povero olandesone. Abbiamo visto poco e niente di Rick e quel poco che sappiamo è la sua inclinazione naturale a farsi malissimo da solo. È quasi comica la sua attitudine a strapparsi un muscolo una partita si e l’altra pure e i suoi richiami alla panchina per chiedere la sostituzione sono ormai una tassa peggio del bollo auto, ma seppur limitato dal fisico, Karsdorp è un trequartista che gioca terzino. Dotato di un sesto senso per la verticalizzazione improvvisa, abile nel leggere i movimenti dei compagni, completa tutto con un discreto piede destro più abile all’assistenza che alla finalizzazione.

Possente e veloce, se non avesse muscoli di cartapesta avremmo risolto il problema fascia destra per un lungo periodo di tempo. Può essere una valida alternativa a Bruno Peres o viceversa, con limitati compiti difensivi sono praticamente intercambiabili. Spina, invece, sembra definitivamente esploso. La prestazione sontuosa di Verona, dopo la bella prova in nazionale, sembrano averlo lanciato nell’Olimpo dei terzini sinistri degni di questo nome. Non voglio ripetermi parlando nuovamente delle difficoltà ne mantenere una forma fisica integra di cui soffre anche lui, voglio anzi pensare che sia tutto passato e che lo aspetti un roseo futuro. Calafiori, se dovesse restare lui come vice, avrà modo di studiare con un maestro importante il ruolo da ricoprire.

La batteria d’attacco stasera era formata da Pedro, Mkitaryan e Pellegrini. Lorenzo sta lottando con le unghie e coi denti per tornare ad essere quel giocatore che noi tutti sappiamo essere, stasera solo un grande Silvestri gli ha negato la gioia del gol. Gol che comunque non è nelle sue corde; lui è un sublime rifinitore, l’uomo dell’ultimo passaggio. Lasciasse stare il tabellino dei marcatori e si concentrasse maggiormente su quello degli assist-man. Miky e Pedro parlano, al momento, una lingua calcistica che capiscono solo loro, diversa da quelli dei compagni di squadra. Sono su un altro pianeta, giocano e si destreggiano e si scambiano così tanto la posizione che se non fossero così diversi fisicamente faresti fatica a distinguerli.

Versione reale dei gemelli Derrik, l’unica nota dolente è la scarsa lucidità negli ultimi 16 metri per entrambi e la scarsa durata nel tempo dei 90 minuti. Corri, corri, corri, qualcosa per strada la devi lasciare per forza. Sono sicuro, però, che col tempo limeranno le loro interazioni e le loro sortite nel centrocampo alla ricerca di palloni e aumenteranno esponenzialmente la loro capacità realizzativa.

Cosa manca in attacco? Semplice, non una ma due punte degne di questo nome. Un paio di panzer da piazzare fissi davanti a spaventare le difese avversarie, a dare molte più opzioni di passaggio e sviluppo della manovra ai compagni in modo da limitare l’eccessiva ricerca del cross basso e teso all’indietro. Si, in pratica uno che sappia colpire la palla di testa. Arriverà. Così ci dicono.

Questa di oggi è stata la prima partita della stagione, la Roma s’è mostrata incompleta in più punti, corta di fiato, falcidiata dagli infortuni e molto inesperta. Non si può esprimere quindi un giudizio definitivo e non si potrà farlo nemmeno a mercato chiuso, in quanto i nuovi innesti dovranno avere il tempo di imparare e assimilare i dettami di Mr. Fonseca. Il branco però dimostra di avere voglia di crescere, di stare coeso e sulla carta prossimo alla definitiva consacrazione. Motivi di preoccupazione per l’immediato ce ne sono, ma ci sono anche molti motivi per essere fiduciosi e ottimisti, basta volerli vedere.

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