Press "Enter" to skip to content

NIGHTMARE ROMA

Sarà che ho assistito a decenni di Roma o, più probabilmente, c’avevo questo maledetto sentore di jella ma il pareggio all’ultimo secondo del Genoa contro di noi, me lo aspettavo.

Roma molle, anzi proprio tenera come un panetto di burro sotto il sole è quella vista nella sfida contro i grifoni rossoblù. Eppure, tutti sapevano che era una di quelle partite ”bivio” che avrebbero dovuto resettare le magre prestazioni di questi primi giorni di campionato ma, a conti fatti, pare che tutto sia stato considerato solo superficialmente.

A questo punto ci sorge un dubbio – poco Amletico in verità – la Roma è una squadra composta da tutte pippe? Oppure ogni calciatore che indossa la nostra maglia, viene posseduto dalla tipica indolenza romana che è quella che ti domina dopo una sontuosa mangiata di porchetta in qualche fraschetta d’Ariccia, godendo del fresco Ponentino?

Il tifoso romanista pur abituato a certe brutture, è un santo pieno di pazienza ma anche un diavolo quando perde la perde. Non si tratta in questo contesto di citare i leoni da tastiera ma solamente considerare oggettivamente il fatto che anche un santo può rompersi i coglioni prima del tempo se messo con le spalle al muro.

Abbiamo già letto tutto il leggibile e anche l’illeggibile a proposito dei silenzi della società, del ruolo di De Rossi e del perché sieda in panchina, del mercato della Roma…per non parlare dei teoremi circa i moduli da scegliere per vincere e dominare campionato e coppe: pare che i fiumi di parole inchiostrate su giornali o distribuite via etere, non sono serviti a nulla.

La Roma è questa: prendere o lasciare. Può essere la squadra che annulla con un 3-0 il Barcellona di Messi in un ritorno di Champion’s che aveva già un piede in semifinale dopo aver vinto in casa contro i giallorossi ma anche la formazione balbettante che abbiamo visto perdere in casa contro l’Empoli.

I romanisti più filosofi asseriranno che per questo la Roma si ama e non si discute, ripetendo il mantra creato da Renato Rascel negli anni Sessanta o ripeteranno quello che si sa e, cioè, che un trofeo vinto a Roma ne vale dieci vinti da altre parti.

Ma con la filosofia non si va da nessuna parte se in campo non viene messo quella cattiveria agonistica che deve pervadere lo spirito di chiunque scenda sul prato verde indossando la maglia giallorossa.

Personalmente rimpiango le pippe come Annoni che, pur con i piedi fucilati, ci metteva l’anima in ogni partita; o anche la Roma di Radice, quella che giocava al Flaminio quando l’Olimpico era in fase di rifacimento per ospitare i mondiali di Italia ’90. Non si vinceva anche allora, ma era una soddisfazione assistere a partite dove l’assalto al fortino nemico era la regola e non eccezione.

Non so cosa si potrà inventare DDR per invertire una rotta che ha preso una bruttissima piega e che ha permesso un inizio di campionato all’insegna dell’inseguimento. Parlare di squadra degna di lottare per entrare tra le prime quattro, oggi come oggi non è neppure da prendere in considerazione se non cambia immediatamente il vento.

Prendere una rete a una manciata di secondi dal fischio finale è davvero uno scandalo soprattutto per la mosceria con la quale si è condotta l’azione che ha permesso alla squadra di casa di guadagnare un pareggio e ai giallorossi di fare l’ennesima figura barbina della quale non ce n’era alcun bisogno.

Occorre uscirne immediatamente assumendosi tutti le proprie responsabilità dal momento che il tempo delle giustificazioni e della pazienza si è esaurito.

Comments are closed.