Ennesimo sold-out di un popolo che ama due colori che trova unici e che hanno colmato il catino dello stadio Olimpico per vedere Roma-Verona, partita in chiave Champions League per i giallorossi e in quella della salvezza per la squadra scaligera.
Il risultato finale per 1-0 è positivo per la Roma che sale al terzo posto in classifica in coabitazione con un ritrovato Milan e con Lazio e Atalanta ad un tiro di schioppo: squadre che, insieme all’Inter seconda, si troveranno a giocare fino all’ultima giornata la partecipazione al più prestigioso torneo europeo che porta importanti risorse per chi lo disputa.
Si potrebbe dire che la partita ha visto la rinascita di quel Leonardo Spinazzola versione nazionale, oppure che ha battezzato il nuovo innesto invernale Solbakken – prima partita da titolare all’Olimpico – attraverso la realizzazione del gol della vittoria, o anche che si è vista la generosità di un Belotti gagliardamente combattivo o l’importanza di un Cristante coprifalle e suggeritore ma non sarebbe questo il focus.
Anche trattando l’argomento dello storico gruppo dei Fedayn, i pronosticati scontri con altri gruppi della Sud non si sono consumati e, al contrario, c’è stato un riconoscimento da parte di tutti i tifosi che si sono stretti ai Fedayn ricoprendoli di solidarietà.
Il risultato è stato importante in quanto, personalmente, lo considero uno spartiacque tra la flessione accusata nelle ultime due partite e questa parte finale della stagione dove la Roma deve controbattere l’ingiusta sconfitta rimediata a Salisburgo per guadagnare gli ottavi di Europa League e saper mantenere altissima la sua posizione in classifica per accedere alla prossima edizione della Champions.
La Roma più bella è quella che a fine gara si è trovata sul campo, unita in un solo uomo, ad ascoltare le parole di Mourinho che ha saputo come affrontare il deficit di una panchina cortissima con la quale sta combattendo sia in campionato che in Europa.
L’immagine ha ricordato la formazione di una testuggine romana, coesa e solidale, dove il primo obiettivo era quello di salvare il proprio compagno per poi combattere con tutta l’anima. Ecco, questa è la Roma che il tifoso vuole vedere al di là del risultato finale perché ci sta anche perdere gli incontri ma solo dopo aver speso ogni residua forza in campo, giocando in nome della propria squadra e non per se stessi in modo narcisistico.
Si può affermare che oggi, la Roma è una squadra. Non sarà zeppa di fuoriclasse o di campioni e, certamente il prossimo anno alcuni giocatori non faranno più parte del team e ne arriveranno di nuovi, ma è fondamentale mantenere salde le convinzioni di un allenatore capace di vincere tutto durante la sua formidabile carriera.
La proprietà, per prima cosa, dovrebbe parlare chiaro proprio con lo Special One per rassicurarlo circa la crescita di un organico di qualità e quantità che deve animare la costante crescita della squadra per raggiungere quegli obiettivi che tutti i tifosi auspicano di poter raggiungere.
Comments are closed.