Finalmente finisce uno dei campionati più squallidi e ridicoli a memoria d’uomo dai tempi di Moggi, la Roma chiude questa farsa contro un Torino che ormai non ha più nulla da chiedere. Mou ne cambia un po’ togliendo dalla formazione titolare alcuni uomini che, si spera, saranno fondamentali in Albania e propone Spinazzola a sinistra con Zalewski a destra, dentro anche Veretout e Shomurodov far compagnia a Tammy in attacco.
Rui Patricio, inamovibile, porta a casa l’ennesimo specchio inviolato e si gode il match contro i granata da spettatore non pagante per tutti i novanta minuti. Prestazione da “sei politico”, ma come atto di pura generosità.
Linea difensiva con Mancini – Kumbulla – Ibanez. Marash fisso al centro in marcatura su Belotti, offre agli astanti una partita di grinta e concentrazione, dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, di essere un “quarto” di difesa a tutti gli effetti e di poter entrare saldamente nelle rotazioni. Buona anche la gara di Roger, con buona pace di improvvisati esperti da social in cerca di visibilità che di calcio capiscono meno che di un tardigrado di astrofisica nucleare, e di Gianluca fissi sui trequarti avversari a cui non danno modo di creare azioni pericolose.
Centrocampo formato da Spinazzola – Sergio Oliveira – Veretout – Zalewski con Pellegrini libero di trovarsi la posizione. Incoraggianti gli 80 minuti giocati da Spina, il quale tira fuori dal cilindro qualche numero dei suoi che a volte gli riescono altre no. La condizione è ovviamente quella che è, ma la fiducia nei mezzi a disposizione è tanta ed è la cosa più importante. Convincente anche la prestazione di Nico sulla destra, nonostante il cambio lato dimostra di saper attaccare e difendere egregiamente senza mai sbavare dietro o strafare davanti.
Primo tempo discreto anche per Sergio che giova dei ritmi blandi e della poca aggressività del Toro, comunque prezioso in fase di interdizione, volenteroso e propositivo nella maniera giusta con il pallone tra i piedi. Ottima la partita di Jordan che resta in campo tutto il match contenendo e attaccando sempre, dando supporto all’azione offensiva soprattutto nella ripresa; inguardabile la sua realizzazione dei calci d’angolo: sembra sempre cercare il punto addizionale come nel rugby e mai la testa di un compagno al centro dell’area di rigore.
Il capitano parte in posizione centrale tra Sergio e Jordan, salvo poi alzare il raggio d’azione e trovare la mattonella in cui fare malissimo alla distratta difesa granata: prima intercettando un molle passaggio e lanciando Abraham in area per il gol del vantaggio e poi ricamando amabilmente palloni importanti con classe e precisione un po’ per tutti.
Al fianco dell’inglese Mou sceglie Shomurodov che, finalmente, ritrova la titolarità dopo tanto tempo. Rinfrancato dal gol contro il Venezia (grazie agli amici di DAZN per avermi reso impossibile la visione del match di settimana scorsa, ecco il perché della mancanza dell’articolo ndr) sfodera una buona partita fatta di ottimi strappi, lotte continue, belle giocate e movimenti giusti. Latita un po’ nella precisione del passaggio coi compagni, ma è questione di automatismi mal sviluppati dato lo scarso minutaggio a disposizione quest’anno. Da comunque la sensazione di essere mentalmente presente, pronto e deciso a dare il suo contributo per l’ultima partita.
Chiude l’undici di partenza Abraham che con questa doppietta sposta più in alto il record di gol realizzati da un inglese nella prima stagione in Serie A: diciassette gol in trentotto partite più otto legni sono un bottino importante per un giocatore proveniente da un altro campionato, un altro modo di fare calcio, un altra filosofia. Il dato che impressiona, oltre alla sua continua volontà di restare sempre in campo, è quello relativo ai gol del vantaggio segnati da Tammy: ben 10 a sottolineare il livello estremo di concentrazione con cui il giocatore scende in campo.
Cambi che iniziano poco prima dell’ora di gioco con Cristante e Karsdorp per Sergio Oliveira e Zalewski, per poi proseguire con Zaniolo per Shomurodov e chiudersi con El Shaarawy e Viña al posto di Pellegrini e Spinazzola. Leggermente sottotono e distratto Bryan, graziato dalla volontà di non offendere degli avversari, fatica a entrare a regime in una partita già avviata e parzialmente chiusa, mentre è al solito positiva la partita di Rick solito stantuffo sulla corsia esterna destra.
In chiaroscuro la prova di Niccolo che alterna sprazzi da grande giocatore a indecisione indegne della massima serie. Si conquista un rigore di fisico e quando decide di giocare per la squadra è preciso e puntuale, il problema è quando si incaponisce nel cercare l’azione solitaria per poi sprecarla malamente negli ultimi sedici metri. Sufficienza d’incoraggiamento per uno da cui è lecito aspettarsi molto di più, soprattutto nelle ultime scelte. Dieci minuti scarsi per Stephan e Mathias in cui rischiano di costruire il gol del quattro a zero che, per come è andato il match, sarebbe risultato troppo penalizzante.
La prima Roma di Mou chiude tra il quinto e il sesto posto, qualificata direttamente alla fase finale di Europa League della prossima stagione migliorando sensibilmente il totale dei punti rispetto alla scorsa annata. Restano i rimpianti per gli errori dei singoli, del mister, ma soprattutto di arbitri e VAR che, mai come quest’anno, hanno svolto un ruolo più che determinante per la stesura della classifica finale di questo campionato.
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