No, non parlerò dell’incontro Sassuolo-Roma, dal pareggio giunto solamente nei minuti di recupero dopo un’altra prestazione con più ombre che luci.
Credo che l’attenzione, piuttosto che rivolgerla a quello o a quell’altro giocatore, debba essere focalizzata su chi alla maglia ci tiene veramente, ossia i tifosi della Roma.
Anche oggi a Reggio Emilia, duemila romanisti si sono assiepati per innalzare cori e cantare inni sempre sventolando fieramente le loro bandiere.
C’è chi è arrivato con il treno magari raggiungendo dapprima la stazione Termini perché proveniente da fuori Roma, e chi altro si è sobbarcato l’Autosole passando Fabro, Orvieto, Arezzo, Firenze, Bologna e Modena prima di uscire al casello di Reggio.
Per molti è stata un occasione per mangiare tagliatelle, per altri per assaporare il friggione, il gnocco fritto o la tigella forse rimpiangendo la pizza con la mortazza di capitolina tradizione.
Per alcuni si è trattata della prima trasferta e per altri, i cosiddetti ‘’macina km’’, una ulteriore tappa nella loro storia di tifosi ma, per tutti sicuramente un modo per esibire la loro romanità con netto orgoglio.
A questi tifosi, anche se scottati da una mancata riscossa, non passerà la febbre giallorossa che – al contrario – aumenterà di intensità nei discorsi da bar dello sport del giorno dopo e di quello dopo ancora.
Facile è essere orgogliosi di tifosi che ci sono stati prima di noi. Magari quelli che con un torpedone anteguerra raggiungevano improbabili città solo per seguire in trasferta la Lupa che giocava con una squadra oggi difficile da trovare anche nelle serie calcistiche più importanti.
Sono gli stessi tifosi che riempivano Campo Testaccio, poi il Flaminio ed infine il marmoreo Olimpico scommettendo con un tifoso rivale delle penitenze che sono passate alla storia come fare tre giri di una piazza in mutande oppure essere costretti di indossare il cappellino da stadio con i colori della squadra avversaria.
Tifosi che si dividevano un panino che una volta era la classica cirioletta con la frittata o solamente, per i più poveri, con le patate. Tifosi che aspettavano l’arrivo del bibitaro per comprare un caffè Borghetti ma che all’entrata dello stadio avevano preso Il Tifone o l’opuscolo della partita del giorno.
Tifosi che si dannavano l’anima per la loro squadra, che partecipavano alle coreografie, che esultavano saltando in piedi o che si disperavano piangendo per una sconfitta inaspettata. Tifosi che sognavano l’arrivo di campioni capaci di trasformare la Roma in un inarrestabile e vincente team conosciuto in tutto il globo. Insomma….tifosi.
Capite quanto è piccola una partita deludente dinnanzi al nostro tifo? Basta solamente pensare questo per sapersi invidiati ed unici.
In fondo, lo sappiamo di essere inimitabili romanisti.
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