La Coppa Italia se n’è mestamente andata in quel di Milano con una sconfitta tonda tonda.
Non si può dire che Mourinho non regali bei ricordi agli interisti ma lui, in questa sconfitta, c’entra proprio poco.
Se di fronte ti ritrovi giocatori che hanno portato la loro squadra ad essere capolista, difficile competere. Il problema è che alla Roma mancano giocatori di qualità e quelli che credono di esserlo, probabilmente devono rendersi conto che non lo sono e che, forse, non lo diventeranno mai.
Questa volta di evidenti torti arbitrali non ce ne sono stati ed è inutile appellarsi ad un mezzo fallo non fischiato ai danni di Sèrgio la cui azione proseguita è terminata con il raddoppio dell’Inter.
Per fare una squadra che vince, si deve avere una formazione costituita da ottimi giocatori di qualità che sostengano qualche campione.
A conti fatti a Trigoria possiamo dire che di campioni in predicato ne abbiamo tre, forse quattro tra i quali Zaniolo, Abraham, Rui Patricio e l’armeno ma se analizziamo razionalmente il tutto possiamo dire che quest’ultimo è in dirittura d’arrivo accendendosi e spegnendosi ad intermittenza.
Lo spurgo da fare dev’essere impietosamente severo se si vuole creare un team ad immagine e somiglianza dello Special One e non è certo con i Vina, i Cristante e i Felix che si potrà andare in Paradiso.
Duro, durissimo ammettere che ci manca la qualità. La qualità dell’ultimo passaggio. La qualità di un gioco fluido che non sia sempre quello di passare la palla all’indietro e non cercare mai la verticalizzazione.
Non riesco a capire perché il pressing di due attaccanti interisti ha messo in crisi il reparto difensivo romanista che il più delle volte è stato costretto a lanciare la sfera in avanti a casaccio perdendola quasi sempre, e di contro quando la situazione era inversa, loro potevano passare chirurgicamente la palla facendo impazzire e sfiancare gli avanti giallorossi senza gettare al vento il possesso del pallone.
Non possiamo dire che la Roma ha combattuto ad armi pari questa sera troppa era la differenza di qualità in campo.
A Mourinho resta solamente la Conference ma se non si cambia registro anche mentale, saremo fuori da tutti i giochi che contano, trofei a parte.
D’accordo che è l’anno zero ma lo Special One a campionato terminato, deve imporre alla proprietà i suoi voleri cercando di essere meno aziendalista possibile per forgiare una squadra che sia all’altezza delle sue e nostre aspettative.
Tristemente si chiude la speranza di conquistare la stella d’argento che pare proprio che sia una vera e propria maledizione. Fanculo.
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