Notte d’Europa per la Roma di Mou, sotto una dolcissima pioggia si sfidano sul prato dell’Olimpico i giallorossi e gli ucraini dello Zorya per la seconda di ritorno di Conference League. Capitolini costretti a vincere le restanti partite per evitare lo spettro dei sedicesimi e ripartire direttamente dagli ottavi, il destino non è però nelle nostre mani.
Con Calafiori e Viña in gruppo da poche ore e Spinazzola, Cristante e Villar ancora fuori, il tecnico portoghese si affida ancora alla difesa a tre, un centrocampo a quattro molto particolare (vedremo dopo perché), un trequartista e due punte.
Rui Patricio si guadagna la pagnotta con un bell’intervento al sesto minuto sugli sviluppi di un calcio d’angolo per gli avversari, deviando in corner un tiro insidioso scagliato da fuori area a seguito di un bello schema su calcio piazzato. Si ripeterà poco dopo su una facile conclusione centrale e sbrigherà con relativa disinvoltura le altre pratiche che gli passeranno sotto mano.
Solida difesa a tre con Mancini – Smalling – Kumbulla. Gianluca, capitano di serata, passa agli onori della cronaca al minuto 89 dopo essersi fatto ammonire per proteste; Chris gioca quasi 70′ di grande intensità e concentrazione, facendo valere la sua esperienza e attitudine maggiore a tutto il reparto offensivo avversario; ancora bene, per l’ennesima partita consecutiva, Marash che, giocando facile e senza fronzoli, non va mai in difficoltà.
Sugli esterni, destro e sinistro, la Roma schiera Karsdorp ed El Shaarawy. Rick parte subito forte con martellanti scalate sul versante offensivo ucraino, sempre pronto a rinculare in difesa dove è spesso presente e lucido. Col passare dei minuti uno si aspetterebbe una leggera flessione da parte dell’olandese che, invece, più la partita sgocciola via più lui aumenta di giri e di qualità; si farà ammonire per un fallo pressoché inutile al minuto 89 e verrà pesantemente redarguito, scherzosamente (spero) da Pellegrini nel post partita.
Immensa prova anche per Stephan, una delle vere sorprese di queste ultime partite: nato attaccante esterno dei più classici pacchetti d’attacco a tre, si è ultimamente evoluto con grande umiltà e dedizione a esterno tutta fascia di sinistra. Veloce e preciso in copertura, imperioso in attacco. Costante stantuffo, serve l’assist del vantaggio al compagno con un pregevole esterno destro a giro. Autore di 68 minuti davvero da incorniciare.
Unico centrocampista di ruolo, Veretout ripropone la prova di Genoa in cui rinuncia totalmente alle sortite offensive con compiti più difensivi. Posizionato davanti alla difesa ha due demeriti soltanto: il primo di ricevere sempre palla spalle alla porta avversaria, cosa che lo obbliga a ridarla indietro più spesso di quanto il mister vorrebbe e il secondo di sbagliare ancora un rigore, calciando con troppa sufficienza un pallone che sarebbe stato meglio insaccare. Tutto sommato, però, una buona prova anche per lui.
Accanto al francese si sviluppa quella che è la mossa tattica più interessante della serata: di fatto il posto sarebbe occupato da Carles Perez nel ruolo di incursore-rifinitore. In pratica lo spagnolo si alterna con Mkitharyan sulla trequarti: quando l’armeno si abbassa è lui che si propone e viceversa, in un turbinio ben coreografato di “vado io, vai tu” che permette ai due di mantenere un buon livello di lucidità nelle scelte risparmiando la fatica delle corse all’indietro e di mandare in vacca le marcature degli ucraini. Segna l’uno a zero e si conquista il rigore, poi fallito, in mezzo tante belle giocate intelligenti.
Chi conferma di aver ritrovato un buonissimo stato di forma è proprio l’armeno. Come detto, questo suo scambio continuo con Carles lo porta a rifiatare spesso durante il match aumentando di fatto la sua autonomia. Ciò comporta un aumento esponenziale della pericolosità sua e di conseguenza di tutta la squadra. Bentornato, ci sei mancato.
Nel valzer delle punte, chiude l’undici titolare la coppia inedita Zaniolo – Abraham. Iniziamo col dire che Nico è preda del solito demone che lo spinge a caricarsi tutti i pesi del mondo sulle spalle e di voler risolvere autonomamente tutti i mali della Roma. Prima di trovare, finalmente, il gol del due a zero, infatti, conclude in porta ben tre volte e pasticcia malamente un’azione in cui avrebbe potuto fare di tutto, tranne ciò che poi ha effettivamente fatto. Timbrato il cartellino si trasforma, gioca più rilassato, sicuro e altruista quel tanto che basta da servire al compagno il più facile dei tre a zero.
Tammy, dal canto suo, fa un lavoro immenso per la squadra nel primo tempo fungendo da vero e proprio attaccante boa: ricevuta palla spalle alla porta sulla trequarti, il suo compito è quello di resistere alla prima carica della difesa e smistare rapidamente il pallone a destra o sinistra. Cosa che gli riesce benissimo, anche se lo allontana dalla porta. Nel secondo tempo cambia modus operandi andando ad agire da attaccante rifinitore d’area di rigore insaccando un secondo gol in rovesciata in bello stile chiudendo la pratica col quattro a zero. Sorvoliamo, magnanimamente, sulla quantità abnorme di palle gol semplicemente divorate in modo incredibile, proprio a causa della scarsa lucidità dovuta al grande movimento preventivo che quelle azioni hanno di fatto creato.
A partita conclusa, Mou inizia i cambi inserendo in un colpo solo, al minuto 68, Zalewski, Ibanez e Shomurodov per El Shaarawy, Smalling e Zaniolo: buoni, ma non eccelsi, gli ingressi dei tre. Si continua con l’inserimento di Mayoral per Abraham al 75esimo e si chiude con l’esordio tra i grandi del 2004 Missori al posto di Mkitharyan. La qualità ne risente il giusto, ma nessuno combina macelli e questo è l’importante.
Roma saldamente in seconda posizione nel girone di Conference, staccata da un punto dai norvegesi del Bodo, andrà a giocarsi la possibilità di arrivare primi a Sofia contro il CSKA sperando che proprio lo Zorya fermi la corsa dei gialli scandinavi. Sperare è ancora gratuito…
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