“La Roma non ha mai pianto e mai piangerà: perché piange il debole, i forti non piangono mai” – Dino Viola.
Ancora orfana di Spinazzola e Smalling, la Roma scende in campo in quel di Torino con la migliore formazione possibile, complice anche il recupero lampo di Abraham e il ritorno in tempo utile di Viña dall’altra parte del mondo.
Rui Patricio tra i pali è sostanzialmente ingiudicabile: incolpevole sul gol scaturito da una doppia deviazione che lo spiazza, l’unico altro intervento è sulla rovesciata di Bernardeschi non trattenuta e la successiva uscita a valanga su Kean per indurlo, con successo, all’errore da pochi metri. Questo già la dice lunga sul tipo di partita che fu.
Come detto, Viña parte titolare sulla fascia di competenza ed è bravissimo a giocare Juve-Roma e non Matias-Cuadrado, nonostante quello che è successo con le nazionali. Il giovane uruguaiano è super concentrato e abile sia in marcatura che in proiezione offensiva, sfiora il gol nel secondo tempo con una buona percussione in area sventata all’ultimo da Bonucci.
Sulla corsia opposta Karsdorp presenzia con costanza la fascia destra. Meno offensivo del solito in avvio, nella ripresa è più intraprendente e spinge maggiormente schiacciando la difesa bianconera. Poco servito sulla corsa, ma così facendo si limita molto una delle sue caratteristiche principali. Impreciso negli ultimi sedici metri quando ormai la partita era agli sgoccioli, come la sua lucidità.
Coppia centrale più per scelta, ormai, che per necessità il duo Mancini – Ibanez. Roger sente molto la partita e, soprattutto sui calci da fermo, è in costante modalità d’attacco, in copertura gioca d’anticipo annullando totalmente le velleità offensive degli avversari. Gianluca, al contrario, è il difensore più di ordine e raziocinio. Suo il compito di impostare l’azione da dietro e di tagliare il campo palla al piede quando si presenta l’occasione. Anche lui ben presente sui corner e le punizioni, per poco non trova la porta già dopo cinque minuti.
Veretout e Cristante schermano la difesa a turno, ben posizionati tra attacco e pacchetto arretrato creano la giusta densità al centro da costringere la Juventus a continui cambi di gioco sulle fasce per trovare spazi. Bryan gioca ancora da regista, smistando i palloni per i compagni in costruzione, non benissimo a causa di alcune scelte poco coraggiose: giocare semplice va bene, ma alle volte la giocata va rischiata. Jordan è un libero incursore che si getta in avanti con strappi palla al piede e inserimenti senza palla. La sua partita sarebbe stata migliore se dal dischetto non si fosse lasciato ipnotizzare dal portiere. Cerca il perdono con un tiro a giro da fuori che, però, esce di poco.
Solito trio con, da destra a sinistra, Zaniolo – Pellegrini – Mkitharyan. Nicolò è il più in palla dei tre, vuole lasciare la sua impronta sulla partita e ce la mette davvero tutta risultando devastante nei primi venticinque minuti. Purtroppo per lui, e per noi, saranno anche gli unici che passerà in campo prima di dover alzare bandiera bianca per infortunio. La maledizione dell’Allianz Arena continua.
L’armeno parte a sinistra, ma con l’uscita del 22 è costretto a spostarsi sull’altra fascia. Non è che non ci sappia giocare, ma la sua posizione è quella opposta e finisce sempre per tagliare il campo e finire lì. Si procura il rigore del possibile pareggio e tiene sempre alta la concentrazione degli avversari. Pericoloso, ma disinnescato.
Ormai le prestazioni di Pellegrini non fanno più notizia: se al via gioca al fianco della punta in fase di non possesso e si propone sempre per il dialogo stretto coi compagni condito da buone intenzioni ed esecuzioni, nel finale si abbassa a centrocampo disegnando interessanti geometrie per l’assalto finale, purtroppo non concretizzate. Partita di sacrificio e copertura, non si arrende mai quando c’è da inseguire un avversario. Esempio in campo.
Unica punta il recuperato Abraham. Costretto, come al solito, all’uno contro tre per tutta la partita, gioca di sponda e si abbassa per creare spazi per gli inserimenti dei compagni. Vorrebbe essere lanciato con palle alle spalle della difesa, vorrebbe correre e dare sfogo alle sue caratteristiche principali, ma il canovaccio tattico scelto dal mister è diverso e lui si adatta. Non si scoraggia nello svantaggio ed è il primo a rincuorare Veretout dopo l’errore sul rigore che avrebbe voluto tirare lui. Uomo squadra in molti sensi.
Come detto, Mou è costretto al primo cambio già al minuto 25 ed è qui che comincia la partita di El Shaarawy. Preferito, giustamente, a Carles Perez ha veramente pochissime occasioni per mettersi in luce, ma quando gliene capitano è bravissimo a brillarne di propria: vedere il lancio di esterno per Viña nel primo tempo. Tutto sommato non una brutta prestazione, ma poco presente negli ultimi metri e prevedibile in alcune scelte. Secondo e ultimo cambio, quello al minuto 80 di Shomurodov per Veretout. Dieci minuti più un recupero che sostanzialmente non si è mai giocato sono davvero troppo pochi per trarre delle conclusioni.
“Oggi, dico solo che è stata una grande Roma e già l’ho detto ai miei. Ovviamente, parliamo di una sconfitta e di zero punti. Guardiamo la classifica e non abbiamo fatto punti. Ma è stata una grande Roma sotto tutti gli aspetti. Devo fare i complimenti all’organizzazione, al dipartimento medico che ha lavorato per recuperare i giocatori e ai calciatori stessi che hanno fatto un grande sforzo per giocare con qualche difficoltà” – Josè Mourinho.
Inutile aggiungere altro.
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