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Roma 1 – Atalanta 1 Uni e Trini

Turno di campionato infrasettimanale quello che vede opposti i lupi alla dea: nel catino dell’Olimpico si gioca Roma Atalanta alle sei e mezza del pomeriggio. Senza ulteriori indugi, andiamo subito a vedere come si è svolto il match.

Fonseca prova la Roma anti-United, salvo uno o due cambi provenienti dal recupero degli infortunati, e schiera Pau Lopez dietro la difesa di tutti ex atalantini: Ibanez, Cristante e Mancini. Sulla mediana Karsdorp a destra opposto a Calafiori con Villar e Veretout al centro. Trequarti affidata a Pellegrini e Mkitharyan dietro l’unica punta Edin Dzeko.

L’undici di partenza scelto dal mister per la sfida di ieri pomeriggio.

Il portiere spagnolo si esalta il giovedì e anche ieri ha offerto una buona prestazione: decisamente insicuro coi piedi, litiga coi compagni che vorrebbero la palla a terra e partire del basso, ma quando vede che non riescono ad uscire dalla metà campo si impone e comincia a lanciare lungo come se non ci fosse un domani. Incolpevole sul gol, salva il risultato più volte. Molte volte. Salvifico.

Sappiamo tutti che a fine partita, nel giro di due minuti, Ibanez si è preso un doppio giallo che ha inevitabilmente portato al rosso, quindi partiamo da lui nell’analisi difensiva. L’idea del mister è mettere sempre i difensori centrali nell’uno contro uno cogli attaccanti avversari e Roger è assolutamente in grado di reggere l’urto del dirimpettaio. Quello che non può fare è dividersi e raddoppiare quando l’Atalanta attacca sulla fascia con due o più giocatori. Soffre la mancata copertura di Calafiori e non è in giornata col pallone tra i piedi. Giusta l’idea di prendere i due gialli: sacrificarsi per la squadra vuol dire anche prendere un rosso per evitare che l’attaccante tiri in porta con tutto lo specchio a disposizione. Un turno di riposo gli farà bene.

Mancini è lo specchio del compagno sovrascritto: bloccato dietro non ci prova nemmeno a salire come di solito fa, in marcatura è attento, ma anche lui soffre di solitudine per la giornata assolutamente negativa di Karsdorp. Mette una toppa come può e dove può. Meglio nel secondo tempo, come tutta la squadra, che nel primo.

Bryan Cristante. Io, sinceramente, mi fermerei qui. Basta il nome e la faccia di tutti i detrattori che il nostro ha dovuto sopportare fino ad ora. La sua rabbiosa esultanza è quella di chi non ci sta a perdere e il suo tiro è la fotocopia di quello tentato in coppa, ma più fortunato (Gollini parte in evidente ritardo). Sontuoso in difesa, gioca più avanzato quando la palla è in possesso liberando Villar e Veretout dai compiti di copertura per aumentare il potenziale offensivo. Magnifico.

L’urlo di Cristante, la grinta di Cristante, la voglia di vincere di Cristante. Signore e signori: Bryan Cristante.

Come detto, sulle fasce giostrano Karsdorp, Calafiori prima e Bruno Peres nel secondo tempo. Dei due titolari possiamo dire la stessa identica cosa: non giocano in difesa, non spingono in attacco; aleggiano spettrali nella terra di nessuno tra le due linee cercando di arginare le sovrapposizioni della dea, ma senza riuscirci nemmeno una volta. Se da un lato abbiamo l’inesperienza, sulla destra abbiamo un giocatore con uno stato di forma evidentemente insufficiente e una concentrazione pessima in fase difensiva. Inutili in fase di spinta, entrambi steccano alla grande la partita. Leggermente meglio Bruno Peres, ma lui si bea dell’ottimo secondo tempo della squadra rubacchiando quel mezzo voto in più.

Cerniera della mediana la doppia V giallorossa GonzaloJordan. Il francese gioca novanta minuti più recuperi una gara sostanzialmente positiva fatta di molti scontri a centrocampo in cui le ha date e le ha prese, più attento a coprire che a offendere gioca una buona partita di grinta e polmoni. Quello che invece non convince più è lo spagnolo: Villar ha perso lucidità e sta affrontando un periodo di appannamento evidente. Troppo leggero per reggere le partite muscolari come quella di ieri, va in sofferenza continua se pressato. Non riesce più a leggere lo sviluppo dell’azione e gioca con l’ansia di fare bene che lo porta, però, a fare male anche le cose più semplici. Giustamente sostituito da Carles Perez al 74esimo, l’ex Barcellona ci mette la voglia, la corsa e il tiro e solo Gollini al minuto 92 gli nega il gol. Peccato.

Jordan Veretout in azione sul prato dell’Olimpico di Roma nel match di ieri contro l’Atalanta

In avanti un italiano, un armeno e un bosniaco, giocano una partita fatta di tanta corsa e duelli fisici mica da ridere. Soprattutto l’imponente Dzeko è costretto, dalla metà del primo tempo in poi, a combattere su ogni lancio dal fondo per aiutare la squadra a salire. Gioca una buona partita svariando su tutto il fronte offensivo e cercando ripetutamente il gol che, però, non arriva. Convinto.

Mkitharyan macina chilometri e incamera minuti, così facendo la ruggine e le scorie dell’infortunio piano piano si scaricano liberandone il potenziale offensivo. Peccato che venga costantemente abbattuto, anche in area ma soprattutto fuori, dalle forze avversarie con il bene placido del direttore di gara (assolutamente negativa la sua prova ieri). Fuori per il forcing finale, stremato, per il prode Borja Mayoral che come Perez entra con il piglio e la voglia giusti andando molto vicino al gol al minuto 88. Pochi minuti, che bastano però a farci capire che i suoi movimenti sono troppo simili a quelli di Edin per farli giocare insieme. Combattenti.

Capitan Pellegrini gioca una partita di sacrificio e lotta, tocca pochi palloni ma impedisce anche ai contendenti di farsi gioco di noi in fase di costruzione dal basso. Corre e pressa, picchia e le prende come non siamo abituati a vederlo fare. Quelli bravi direbbero che “ha fatto tanta legna” e a questo giro mi sento di appoggiare questa definizione: una partita in cui non ruba particolarmente l’occhio, ma in cui il suo apporto è stato oscuro, ma fondamentale. Bravo.

Fonseca punta su ciò che gli è rimasto in canna, mettendo la migliore formazione possibile considerando i sei assenti tra infortuni e squalifiche. Sei e tutti potenziali titolari. Ricordiamocelo, a fine stagione, quando sarà ora di tirare le somme. Sei assenti fissi, a rotazione, in un periodo in cui si gioca ogni 67 ore (che non sono nemmeno tre giorni). Roma presa a pallonate per i primi venticinque minuti e oltre, salvo poi risorgere dopo l’espulsione di Gosens e dominare il campo negli ultimi venti minuti.

Non si può certo dire che la Roma, in questo caso Dzeko, non ci abbia provato: ma poca lucidità e sfortuna glielo hanno impedito.

Meglio alcuni cambi dei titolari, brutti nella prima fase di match e sfortunati sul finire della tenzone, i giallorossi sfoggiano tre facce differenti nel giro di un’ora e mezza agguantando un, tutto sommato giusto, pareggio ma incapaci di dare la zampata finale per guadagnare i tre punti. Sarà una sofferenza fino alla fine, ma non possiamo smettere di lottare e crederci.

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