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Roma 1 – Bologna 0 Corto Muso

È una domenica pomeriggio piena di punti interrogativi per la Roma di Fonseca: giocarsela al massimo coi titolari per restare aggrappati al treno Champions in campionato? Schierare la primavera e puntare tutto sull’Europa League? Fare un mix tra titolari e riserve e vedere cosa ne esce fuori? Vediamo come è andata la partita e tiriamo le somme alla fine.

Turno di riposo per Pau, si rivede tra i pali il bell’Antonio Mirante. Talmente bello che Soriano al 19esimo minuto tenta di sfigurarlo calciandogli in faccia piuttosto che in porta (vuota). Si immola su Barrow lanciato a rete fino a centrocampo e tutto sommato controlla bene i tentativi offensivi del Bologna. Quando non ci arriva lui, gli avversari preferiscono altre strade al gol (vedi Danilo che appoggia sull’esterno della rete un pallone più che invitante). Fortunato e bravo.

Uscita da libero per Mirante che ferma Barrow lanciato solo in campo aperto.

Capitan Mancini, onore a lui, guida un reparto formato da Ibanez e Fazio. Cominciamo da Gianluca, particolarmente ispirato e tignoso dimostra agli astanti perché uno come lui è meglio averlo in squadra che contro. Roger ancora ha negli occhi il gol di giovedì e ci riprova al minuto 68, sparando però in curva un pallone comunque non facile. Sempre presente e concentrato, il brasiliano offre una prova solida e convincente contro degli avversari che nonostante tutto ci provano.

Paragrafo a parte per Fazio. Improponibile sarebbe già un complimento, data la lentezza con cui si muove per il campo e le scelte discutibili in fase di costruzione. Talmente arrugginito e fuori tempo nei movimenti che si sente il cigolio delle articolazioni anche dalla TV. Per lunghi tratti imbarazzante, finché sul finire della partita non decide di piazzarsi al centro dell’area di rigore a spazzare via di testa qualunque pallone alto gli avversari crossassero al centro. Una cosa so fare, quella faccio. L’importante è aver difeso la porta, non importa come.

Fascia sinistra per Bruno Peres. Ammirevole l’impegno che il brasiliano ci mette e la dedizione che mostra alla causa. È contento di stare nella Roma e pur di giocare farebbe pure il portiere. Non brilla particolarmente in fase offensiva, giocare a piede invertito non è nelle sue corde e quando prova a usare il sinistro per crossare per poco non abbatte un raccattapalle dietro la porta, ma almeno copre bene e difende palla: o riesco a scaricarla ad un compagno o mi abbattono. Giuste scelte.

No Look di Villar. In fondo buona la prova del numero 14 spagnolo, ma dopo tanto repertorio è giusto far vedere qualcosa di nuovo.

Duo centrale formato da Diawara e Villar. Amadou è ovunque, corre per per tre e sfodera un fondamentale che nessuno gli aveva visto fin’ora: la velocità. Fin tanto che ha fiato corre, corre e corre pressando e mettendo il fisico nei contrasti. Poi schioppa e lascia il campo a Veretout: buona mezz’ora per lui a ricordare a tutti perché sia il titolare. Gonzalo ha tanti pregi: tiene palla, ottimo nello scarico, copre, riparte, prende calci e li da e di dritto o rovescio è sempre nel vivo dell’azione. L’unico difetto è che non ha il piede sinistro e lo dimostra al 23esimo quando ci calcia con lo specchio della porta libero e becca il portiere. Gioco dell’estate: riguardarsi tutte le partite di Villar e bere uno shottino per ogni tocco di esterno destro che fa. Tempo 12 minuti e tutti in coma etilico.

Big Bad Bryan esordisce dal primo minuto sulla fascia destra. Con quella faccia un po’ così che abbiamo noi prima di andare al patibolo, gioca una partita in cui prende le misure del calcio italiano: tenta routine che in MLS sicuramente lo hanno fatto grande, ma che in un campionato serio come la Serie A non funzionano; capisce che non è il momento di fare il fenomeno e si accuccia in difesa senza tentare sortite offensive. Perde quasi tutti i duelli con Dijks, il che è tutto dire, e con la palla tra i piedi dimostra di essere un gradino sotto “l’essere grezzo”. Vediamola così: può solo migliorare. Ad maiora! Lascia il campo a Karsdorp che prosegue l’opera di copertura, non senza sprecare una ghiottissima palla in area di rigore avversaria. Freddo, freddissimo, pure troppo.

Trio tutto spagnoleggiante in attacco con Pedro, Carles Perez e il buon “non farà più di sei gol” Borja Mayoral. Il campione di tutto ex Barcellona e Chelsea soffre l’assenza del compagno armeno, almeno credo altrimenti non si spiega la sua de-evoluzione da fenomeno a Ibarbo. Nervoso, si prende un giusto giallo già dopo 35 minuti. Fonseca non ne può più e al 67esimo lo fa uscire proprio per Mkitharyan, che in soli 23 minuti fa molto di più del compagno. Salvatelo.

Tutto il mondo sa che giallorossa ora è la sua maglia, quando segnerà sotto la curva ci fa la mitraglia…

Carles Perez gioca una partita di sacrificio, nel vero senza della parola: a fine match mostrerà sui social una foto del suo piede insanguinato nel calzettone. Ciò può spiegare perché non brilli di luce propria e giri a largo degli avversari invece di pressarli e dargli fastidio come di solito fa, ma non chiede il cambio e lotta stringendo i denti fino alla fine. Rivalutato. Sostituito da Pellegrini che ridà un po’ di movimento alla fase offensiva, talmente offensivo da riprendere Villar per una mancata copertura che gli costa un giallo. Farsi ammonire in 8 minuti di gioco è quasi un record, ma lo fa per giusta causa e lo perdoniamo.

In avanti il cobra sonnacchioso Borja: lo cercano con palle alte quando è marcato da difensori che hanno 20cm più di lui, non riescono mai a dargliela sui piedi, ma lui resta sempre vigile e pericoloso. Alla prima occasione sfrutta un errore madornale della difesa rossoblù, si invola verso la porta, supera con uno scavetto Skorupski (degno di una puntata di Captain Tsubasa) e allegro e contento appoggia a porta vuota il gol numero 14 della sua stagione. Io e tutti i tifosi siamo ancora in attesa dell’invito a cena. Esce per un redivivo Pastore, che pur giocando da fermo riesce a mettere Karsdorp da solo in area davanti al portiere, peccato che il compagno si emozioni e rovini tutto con uno stop indecente. Sette minuti ed esce col fiatone, ma è stato bello rivederlo in campo.

Undici più cinque cambi alla fine li abbiamo trovati, i tre punti pure: che volere di più?

Fonseca pesca a mani basse dal fondo del barile, raschiando quando è necessario pur di mettere undici giocatori in campo. La squadra non ci pensa nemmeno a giocarsela e non fa niente per sembrare pericolosa, tant’è che il gol nasce da un errore di Danilo nel modo più casuale possibile. Lui non batte ciglio, sfrutta il secondo tempo per dare minuti nelle gambe ai rientranti da infortuni e squalifiche e porta a casa tre punti non cercati, ma che in fin dei conti fanno sempre comodo. In fondo, vincere 8 a 0 oppure 1 a 0 sempre tre punti porta in classifica, quelli servivano e quelli abbiamo preso.

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