Aprile: è una partita importante per la Roma, una di quelle che non puoi permetterti di perdere. Dopo un inizio nervoso succede sempre quello che non deve: gli avversari passano in vantaggio. Gli spettri dei tuoi peggiori incubi sono tutti lì a sorriderti, pensando che ormai sia finita. Non siamo nemmeno a metà. All’inizio del secondo tempo, ennesimo errore della nostra difesa e rigore per loro. Attaccante contro portiere, è il momento della verità. Tiro centrale, parata! Siamo vivi. Siamo ancora vivi! Allora si preme, si attacca, ci si risveglia e ci si crede fino a trovare il pareggio. Certo, le energie sono quelle che sono e i muscoli protestano, ma si vince in undici e si soffre in undici. Non fa niente se il nostro portiere è costretto agli straordinari, ciò che conta è che alla fine riusciamo a trovare il secondo gol e portare a casa la vittoria. Gli eroi di quella sera: Julio Sergio Bertagnoli e Mirko Vucinic.
Quanti hanno letto nelle mie parole la descrizione di ieri sera? Invece era un derby di 11 anni fa. Leggermente diverso nella forma, ma profondamente simile nella sostanza. Un errore può condannarti, un intervento decisivo può ridarti la vita.
Bentornati signore e signori a questa mia pagina in cui andremo a rileggere la prestazione degli uomini di Fonseca nei quarti di Europa League contro i lancieri dell’Ajax. Tutti pronti? Iniziamo.
Pau Lopez: Insicuro coi piedi, oserei anche impacciato e timoroso. Non importa, andate a rivedere i minuti 40, 52, 67, 68, 72 e 78 della partita di ieri. Sei interventi in cui, di riffa o di raffa, lo spagnolo ci toglie le castagne dal fuoco salvando letteralmente il risultato. Fosse stato il citofono che in molti pensano, avremmo perso 7 a 1 pure ieri sera. Buona PAUsqua!
Mancini: solita notte da lupi, tutta fisico, grinta e costanza di rendimento. Fino a quando un blackout totale non gli spegne il raziocinio e lo condanna alla figura barbina della serata in compagnia del compagno di centrocampo. Riallacciate le sinapsi torna in gara e non sbaglia più. Può succedere, ma sarebbe meglio di no.
Cristante: un pizzico di colpe sul gol forse sono anche un poco sue, troppo molle nel contrasto e gli avversari recuperano palla e partono all’offensiva, ma è un cercare il pelo nell’uovo. La verità è che Bryan ormai si sente a casa nelle retrovie e quando da un attaccante tutta tecnica (annullato) gli mettono contro un armadio a con le unghie, decide di lasciare da parte le buone maniere e picchiare come un fabbro norreno indemoniato. Lanci alla Kroos per novanta minuti da inizio campionato, ma nessuno sembra accorgersene: tranquillo Bryan, noi si.
Ibanez: Umorale. Che altro dire? Fino al gol dei lancieri era stato tutto sommato attento e pulito, talmente in linea con le sue prestazioni che si becca la solita pallonata in faccia che lo stordisce. Ormai è un marchio di fabbrica. Fuori tempo l’intervento che costa il rigore, netto, e sul suo volto la faccia di chi sta brancolando nel buio dei suoi pensieri. Quando Pau lo salva, capisce che se lui può parare un rigore e Lorenzo segnare su punizione, allora può trasformarsi in Agostino allo scadere e regalarci la vittoria. Mutaforma.
Bruno Peres: “arrivato come l’osso per fare il brodo”. Qualcuno a forza di vedere la moglie in cucina deve essersi bruciato il cervello. Senza offesa eh. Intanto Bi-Erre-Uno sfodera una prestazione difensiva da manuale e quando vede lo spazio libero davanti a se attacca e crossa molto bene. Si becca un giallo andando a restituire il pestone che Tagliafico aveva gentilmente regalato al capitano. Ma no, non l’ha fatto apposta…Suicide Bruno.
Diawara: Aiutatemi, vi prego. La partita di Amadou si divide in tre momenti ben specifici. Il primo va dal calcio d’inizio al minuto 38, spezzone di match in cui è preciso nelle coperture e nel giro palla, anche se sempre un tantino troppo lento. Poi arriva l’errore in appoggio e vanifica quanto di buono aveva fatto fino a quel momento. Si eclissa e sparisce dal campo, fino a quando Pau suona la sveglia e ricomincia da dove aveva lasciato. Tripolare.
Veretout: tornato da poco a disposizione la forma è quella che è, ma la testa gira a mille e le idee scorrono fluide nei suoi piedi. Gli avversari lo raddoppiano sempre e sono costretti a buttarlo per terra per tenerlo buono, qualcosa vorrà pure dire no? Stremato lascia il campo a Gonzalo.
Villar: prova a ragionare e mettere geometrie dove prima c’era confusione e paura. Ci riesce quel tanto che basta a tenere in piedi il centrocampo fino alla fine della partita. Ragioniere.
Spinazzola: le sue gambe vanno ad un ritmo differente rispetto a quelle di compagni e avversari. Studia la fascia nei primi minuti, poi prese le misure brucia il campo a tutti e non lo vedono più. È talmente infuocato stasera che la gamba fa crack dopo 27 minuti e la Roma perde l’uomo più in forma.
Calafiori: non è Spinazzola, ma non è nemmeno uno scarto. Non ha la potenza di spinta del compagno, ma l’intelligenza tattica di coprire e chiudere ogni tentativo dalla sua fascia si. Semplicemente pulito ed essenziale, annulla gli attacchi dal suo lato da bravo terzino difensivo. Per le discese offensive ci sarà tempo. Riesce a prendersi un giallo dopo una pallonata in faccia da un raccattapalle, fa scopa col rigore di faccia dell’anno scorso di Smalling: solo a noi.
Pedro: che dire del campione di tutto spagnolo? Non bene, ma neanche male. Si becca gli insulti di Spinazzola quando non premia una sua sovrapposizione dopo pochi minuti, si ostina a tenere il pallone tra i piedi invece di farlo girare e non è mai realmente pericoloso. Prende la punizione che il capitano poi trasformerà in rete, questo il suo più alto contributo offensivo, meglio in copertura e il che è tutto dire. Si può dare di più.
Carles Perez: entra a due minuti dalla fine e per poco non trova la porta con un bel tiro a giro dopo aver sradicato il pallone dai piedi della difesa. Possibile che quel Pedro sia meglio di questo Perez? Fonseca sa, io no.
Pellegrini: tra primo e secondo tempo ho scritto che in un modo o nell’altro la questione Lorenzo andrà risolta a fine stagione. Perché, diciamo la verità, il suo primo tempo è stato semplicemente osceno. Vuoi perché comunque in campo ci sono anche gli avversari, vuoi per una sua certa indolenza nel fare la qualunque, la sua prestazione era da due in pagella. Come per tutta la squadra, la sveglia suonata da Pau ha il potere di rigenerarlo quel tanto che basta da infilare in porta un calcio di punizione, magari con un pizzico di fortuna di troppo ma alla fine tutti i gol contano uno. Si accende quel tanto che basta da portare così a casa una stiracchiata sufficienza. Miracolato.
Dzeko: chi non muore si rivede. L’aria fredda olandese deve averlo svegliato dal suo letto di sonno in cui ha deciso volontariamente di esiliarsi. Buona gara dell’ex capitano che combatte e vince quasi tutti i duelli aerei con gli avversari, si muove di continuo per non dare punti di riferimento alla difesa, smista buoni palloni a destra e sinistra come un navigato trequartista e per poco non trova la rete di testa. Stremato lascia il campo a Borja. Grazie Edin.
Mayoral: il capocannoniere dell’Europa League si riposa per 76 minuti, prima di entrare in campo a lottare su ogni pallone. Siccome non riesce nel suo gioco di taglio alle spalle della difesa, decide di rimboccarsi le maniche e fare a sportellate con chiunque gli passi davanti. Scelta giusta. Non tanto Fast, ma sicuramente Furious.
Fonseca: “Sono bugie, come posso spiegarle? Io non posso accettare che in una settimana così importante, in cui rappresentiamo non solo la Roma, ma tutti l’Italia, escano bugie. Non posso capire questa cosa. Io accetto ogni critica, ma non accetto il voler danneggiare la Roma. Chi dice queste bugie non vuole il bene della Roma, questo comportamento non è onesto. Chi crea queste bugie non è un professionista. È stata creata la notizia di un confronto dopo il Sassuolo, in cui i giocatori mi hanno mandato a quel paese, ma questa è una grande bugia. Chi mette in giro queste notizie non è un professionista”. Game, set, match.
Forza Roma.
Comments are closed.