Diciamolo chiaramente: la Juventus vista stasera non è superiore alla Roma. Due sole conclusioni in porta (una terminata dentro alla rete ed un’altra sulla traversa) è quanto ha combinato la squadra di Torino e se non fosse stata aiutata da uno sfortunato autogol di Ibanez, la partita sarebbe terminata con una vittoria più che striminzita della formazione comandata da Pirlo.
La Roma si è presentata rimaneggiata con l’assenza di Smalling a comandare la difesa e quella di Pellegrini a rinforzare il centrocamp,o ma ha fatto la sua onesta partita.
Il problema dei giallorossi, a mio avviso, è quello che non si rendono conto che potrebbero osare molto di più invece che giocare con il freno tirato.
Questa sera Borja Mayoral non ha ricevuto un pallone giocabile e non gli si può imputare alcuna colpa. Anche i cambi prodotti da mister Fonseca, sono risultati insufficienti ma più che per una questione tecnica, proprio per una sorta di incapacità mentale.
Praticamente è come se la squadra non fosse del tutto convinta dei suoi mezzi e subisse una specie di sudditanza psicologica di fronte alle squadre cosiddette “grandi”.
Problema che Fonseca finora non è riuscito a risolvere.
Ma ci sono colpe di interpretazione su questo Juve-Roma? Forse i cambi non sono stati azzeccati: perché togliere Villar per un inesistente Diawara? E perché non lasciare Borja Mayoral per fare coppia con Dzeko dal momento che si doveva recuperare un doppio svantaggio?
Con ben quattordici tiri in porta fatti dai giallorossi, possiamo dire che il portiere juventino non ha mai corso un vero e proprio pericolo. Ci sarà molto da analizzare nell’immediato futuro ad iniziare da una squadra che gioca al di sotto delle loro possibilità anche se ci prova per tutti i 90’ a farlo.
Decenni fa nel Milan di Rivera, c’era un frate che seguiva i giocatori, tal Padre Eligio, che era il confessore spirituale della squadra.
Famose sono le scaramanzie del barone Liedholm che consultava una cartomante prima di ogni partita.
E molti sono stati i motivatori, o mental coach, che negli anni hanno seguito diverse squadre che avevano problemi di personalità e carattere.
Noi non vogliamo che a Trigoria si stabilisca uno stregone con tanto di pentolone per preparare pozioni magiche con code di rospo, ciuffi di belladonna e denti di drago ma risulta evidente che occorre lavorare – e molto – sul senso di appartenenza dei giocatori della Roma ai quali, si consiglia la lettura del libro di Sebino Nela e Giancarlo Dotto “Il vento in faccia e la tempesta nel cuore”: forse potranno trarre qualche buono spunto per capire il vero valore del calcio.
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