Ci furono anni nei quali l’incontro tra le squadre di Roma e di Napoli, veniva salutato come il derby del sole ed era una classica che, anche se la maggior parte delle volte non significava lottare per il vertice, era una partita che in qualche modo certificava la squadra più forte del centro sud Italia.
Ho avuto modo di vivere qualche trasferta quando ancora, oltre a “Tutto il calcio minuto per minuto” e alla “Domenica Sportiva”, c’era ben poco che informasse gli appassionati di football.
Era l’epoca nella quale, proprio al casello di Napoli, si trovavano venditori di sigarette di contrabbando e orologi taroccati che pazientemente aspettavano il formarsi della fila di automobilisti in attesa del proprio turno per pagare il pedaggio, ai quali proporre merci di dubbia provenienza.
Era anche l’era nella quale esisteva un gemellaggio tra due tifoserie calde che molto si assomigliavano per via della viscerale passione che le marcava trasversalmente, caratterizzandole in maniera speciale e profondamente differente dalle più compassate tifoserie del nord.
Una domenica come tante di un aprile, quello del 1971, contraddistinto da problemi sociali non indifferenti che uno Stato profondamente poco propenso ad ascoltare le istante della gente, si limitava ad usare elementi repressivi che avrebbero fatto precipitare le cose negli anni a seguire.
Ma parlando di calcio, la Roma di Marchini – noto costruttore della Capitale con forti interessi e innumerevoli relazioni economiche – stava vivendo un momento negativo con il mister di allora: quel famoso H.H., il mago Helenio Herrera che aveva avuto ben altri successi all’Inter. Ciò era dovuto al fatto che il presidente aveva comunicato l’intenzione di non rinnovargli il contratto e questo aveva determinato l’abbandono di Herrera che aveva leggiadramente mandato al diavolo Marchini, la Roma e Roma.
In tutta fretta l’unica soluzione di emergenza era quella di affidare la panca al buon Luciano Tessari, un ex portiere divenuto allenatore della Primavera promosso direttamente in prima squadra.
Il buon Tessari esordisce con il botto: un tondo 5 a 0 contro il Catania e con un pareggio contro il Bologna, prima della trasferta del San Paolo contro un Napoli che la Roma non batteva da quasi una quindicina d’anni.
Ma la trasferta a Napoli in aprile, era una formidabile occasione per fare la classica gita fuori porta per degustare l’inimitabile caffè in qualche bar sul lungomare magari accompagnato dal tradizionale babà o da una sfogliatella, e per pranzare con un cartoccio di fritto di pesce o un piatto di cozze crude condite con il solo succo di limone.
Sinceramente più di questo non ce lo aspettavamo anche se la Roma ci faceva sempre sperare per il meglio.
Nel Napoli c’erano campioni come Zoff, Altafini, Sormani (un ex troppo presto lasciato andare via) ma anche ottimi gregari come Ottavio Bianchi (eh si! Proprio lui), Improta, Ghio e via dicendo.
La migliore Roma si presentava con Ginulfi in porta (rigorosa maglietta nera), Petrelli, il vecchio Scaratti da Torreimpietra, lo stopper Aldo Bet, Santarini, Cordova (genero di Marchini), Zigoni, Cappellini, Franzot, Salvori e Vieri.
Sotto un bel sole che illumina lo stadio, ad una manciata di minuti dal fischio d’inizio, un traversone di Bianchi raggiunge Angelo Benedicto Sormani che effettua un imparabile tiro che porta in Napoli in vantaggio.
Eppure è un’altra Roma, rispetto a quella disegnata da H.H. che reagisce e che verso la mezzora riesce a pareggiare dopo un’azione che vede protagonisti Salvori e l’instancabile Scaratti che crossa per la testa di Cappellini che manda il pallone in rete.
Il Napoli non ci sta e all’inizio del secondo tempo il solito Sormani dal dente avvelenato, scaglia una punizione che un miracolato Ginulfi (grande erede di Pizzaballa) riesce a deviare in angolo.
Allora non esisteva il calcio a zona ed i retropassaggi che tanto annoiano al giorno d’oggi, erano delle vere rarità. Si correva, si marcava ad uomo e si andava in avanti per attaccare alla faccia delle ragnatele di passaggi e passaggetti. Ed è proprio con questo tipo di gioco che la Roma trova la rete dell’1-2 con il quale terminerà l’incontro e che vide Zigoni scendere sulla sua fascia di competenza, neutralizzare un paio di avversari prima di effettuare un pennellato cross in area che Salvori colpisce di sinistro al volto mandando Zoff a raccogliere la sfera dentro la porta da lui difesa.
Non ci potevamo credere: Roma in vantaggio al San Paolo. E nonostante che l’allenatore dei partenopei facesse entrare il vecchio esperto Hamrin, è proprio la Roma che potrebbe allungare il risultato se un palo non avesse impedito ad un gran tiro di Cappellini di entrare in rete.
Roma aveva meritatamente battuto un gran Napoli che precedemmo anche nella classifica finale (noi 7° e loro 8°) rompendo un incantesimo che durava da tanti, troppi anni.
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